domenica 22 settembre 2013

Una pagina scritta.

Vi avevo lasciato con una pagina bianca. Giuro, non era un'uscita da diva. Era solo un momento di sconforto.
E tanti mi hanno confortato. E sconfortato.
Mi son sentita dire che il vero dolore, io, non so nemmeno cosa sia.
Vero.
Se devo essere sincera, la morte non ha mai sfiorato la mia famiglia in modo palpabile. I miei sono ammaccati ma ancora in piedi, gli mancano alcuni organi, alcune funzioni allegoriche, ma tutto sommato se ne stanno lì granitici e non c'è giorno in cui io non ringrazi una divinità a scelta per averli ancora qui, vicino a me. Anche se l'amore è rarefatto e l'affetto è accennato, vederli mi fa sentire semplicemente viva.
Le mie nonne poi son talmente vive che mi sento più vecchia di loro. 
Mi hanno dato della depressa.
Vero.
Ma evito la solita tiritera "Sfido a passare un anno come il mio bla bla bla". Sapete, ognuno passa i propri guai. E alcuni di noi sono riservati, nascondono i loro dolori tra le pieghe delle loro giornate. Io le pieghe le spiano, scuoto i lenzuoli che avvolgono i miei giorni, li stendo e li faccio vedere a tutti, logori e strappati o bianchi e splendenti. Non ne faccio un vanto. Anzi. Mi sento peggio di un tronista di "Uomini e Donne". Colpevolmente vi parlo della mia vita. Nel bene e nel male, nel sorriso sincero dei miei amici e nei silenzi pieni di angoscia del mio lavoro. Negli occhi unici e strabici dell'unica persona che mi sopporta. E che sopporto, quasi come la Pina sopporta Fantozzi o Dudù il cane  il suo padrone Silvio B.
Mi è stato detto che la colpa è mia. O forse me lo son detta da sola. 
Falso.
La colpa di questo dolore che mi attanaglia e mi fa respirare dentro ad un polmone d'acciaio non è SOLO mia. E' colpa della natura che fa fermentare le cisti dentro al mio rene destro. E' colpa del mondo del lavoro e del mercato della cultura che mi ha relegato a rispondere al telefono a malati terminali che non sanno o non vogliono sapere di esserlo. E' colpa delle persone e delle loro insicurezze che non gli permettono di notare la splendida creatura che sono. E' colpa di questo buco dell'ozono.



Christopher Reeve era Superman. Poi, come un Zorro qualsiasi, cadde da cavallo e rimase tetraplegico per oltre nove anni prima di andarsene per sempre. Quello che Reeve c'entra con questo post è che la vita va avanti anche senza il nostro corpo, ma a che pro? 
A volte anche senza il nostro pensiero. Pensate a Eluana Englaro. Pensate alla trappola, rimanere imprigionati nel proprio corpo e nel proprio respiro. Pensate di avere polmoni così rattrappiti da non poter muoversi o un cuore che si ferma perchè ormai è vuoto.

Provocatoriamente il senso di questo post è: Respirate solo se potete essere vivi e coscienti per farlo, camminate e correte verso il futuro, non tornate indietro se non per studiare il passato. 
E soprattutto, non giudicate la gente. Aspettate che sia morta per farlo.