mercoledì 13 maggio 2015

Tutti gli uomini devono morire. Di Valar Morghulis e pensieri simili.

Mentre voi crescevate consumati dall'angoscia della relazione sentimentale tra Ross e Rachel di "Friends", io mi guardavo roba tipo "Jarod il camaleonte" dove un bambino strappato alla propria famiglia e cresciuto in una struttura abominevole dove venivano effettuati esperimenti sulle facoltà cognitive dei ragazzini superdotati, diventava un adulto che ogni giorno poteva cambiare lavoro per aiutare gli altri. Tipo me che guadagno con i voucher e un giorno sono data manager, l'altro centralinista e ogni tanto sguattera.
Mentre voi stavate lì a rincoglionirvi con "Dexter" pensando di essere fighi a vedere tanta violenza e tanta vendetta, io mi guardavo le repliche di "Scrubs". Siete tutti impazziti con "Breaking Bad", io sono rimasta a "Malcolm in the middle".
Ho sempre avuto problemi a stare al passo con le serie tv. Uno scoglio non indifferente è sicuramente non avere l'abbonamento a Sky che trasmette tutte le serie e le anteprime. Altro scoglio è il non essere pratica di scaricamento, torrent o roba simile. Navigo in un mare di repliche, cofanetti e generosi "prestiti" di amici.

Così quando anni fa il mio amico A. mi "prestò" "Game of Thrones" giunsi ad una conclusione: non mi farò trascinare in questo vortice, è escluso, non mi ficco in una serie tv infinita dove tutti i personaggi migliori muoiono, riesco benissimo a farmi del male da sola in mille altri modi.
E siccome riesco a farmi benissimo male da sola, a distanza di 4 anni, ho deciso di entrare nel tunnel "Game of Thrones".

Se siete frequentatori abituali di questo spazio mortifero saprete meglio di mia madre tutti i guai e i dispiaceri, le disavventure e le sconfitte che ho subito dal 2012 ad oggi. Quando l'allegra banda di Lannister e Stark entrò nella mia quotidianità io ero una ragazza allergica ai drammi, ottimista e piena di meravigliose persone al mio fianco. Perché mai avrei dovuto rabbuiare la mia esistenza guardando una simile raffica di tragedie? Ecchissenefrega se muore Sean Bean, prevedibile quanto la pioggia a pasquetta tra l'altro.
No, niente merda, please.
Ma oggi, dopo la tempesta che mi ha sballottato in mare come una nave senza timone, ho ripreso in mano questa serie con la giusta dose di rabbia, di vita, di cazzimma (per il significato di questa splendida espressione lessicale curiosate qui).




"Valar Morghulis" significa "Tutti gli uomini devono morire". La frase viene pronunciata da un sacco di personaggi, in mille modi, con la piena rassegnazione al suo significato.
Per quanto mi riguarda l'ho scritto sulla porta della cantina come monito ai soliti razziatori di cianfrusaglie che mi hanno spaccato per la seconda volta le assi della suddetta.

Scherzi a parte (giuro che se vi becco toccare le assi vi spezzo la caviglia con il martello) "Valar Morghulis" ha sostituito la mia naturale paura del malaugurio: non sono mai stata capace di maledire qualcuno, mai di augurare la morte o la disgrazia. Non ce la farei, anche perché con l'immenso culo che ho mi ritornerebbe tutto indietro, come profetizza serena mia madre mentre mi guarda il voluminoso deretano. Così, "Valar Morghulis" ha sostituito l'acredine con la consapevolezza.
Tutti gli uomini devono morire. Tiè.

Così ora la sera me ne sto sdraiata sul letto avvolta dall'oscurità e recito come un mantra i nomi delle persone che mi hanno più ferita nell'animo negli ultimi tempi, salda al secondo posto la vecchia del sesto piano, sapendo che "Valar Morghulis" indica solo la consapevolezza del loro destino.
Ladri della cantina spaccatori di assi
"Valar Morghulis"
Vecchia acida del sesto piano
"Valar Morghulis"
Ex capa rovina fegato
"Valar Morghulis a Locarno"
Ex amico trafficone e linguacciuto
"Valar Morghulis"

Ho accettato le consapevolezze. Non ho nemmeno pianto alla morte di Sean Bean. Anche se mi manca.
Di certi momenti della propria vita, a volte, rimangono istantanee involontarie: un libro, un film, qualche puntata di un telefilm, un sorriso, una giornata, un paio di jeans. Rivedo momenti felici sotto forma di pantaloni beige, di J.D. e Turk che si abbracciano, di una marea calda di volumetti di Agatha Christie. Altri momenti, quelli difficili soprattutto, li rivivo attraverso le parole della Vargas, un paio di maglioni bucati, un sorriso nuovo.
Certamente del momento che sto vivendo ora mi rimaranno le cicatrici di un eczema, Tove Lo che mi canta "Stay High"e "Valar Morghulis".
Così, mentre lentamente mollo gli ormeggi e riparto, voglio riguardarmi indietro e pensare che alla fine, tutto sommato, così doveva andare, ma che sicuramente qualche cosa ho imparato, per esempio accettare le consapevolezze vuol dire anche essere un po' meno presente, un po più egoista, un po' meno credulona e un po' meno generosa. Basta vivere di promesse o speranze, ho voglia di aggredire la vita, anche se dovessi farmi qualche nemico, anche se dovessi perdere qualche conoscente.
"Valar Morghulis"

La lezione di oggi viene da Ned Stark, non è un a vera e propria lezione, nemmeno un monito, è una consapevolezza che portiamo nei nostri cuori gonfi e stanchi: "Some old wounds never truly heal, and bleed again at the slightest word"

Buon "Valar Morghulis" a tutti.

mercoledì 6 maggio 2015

Pillole di morte: caro amico duca di Buckingham

Puntata serale di pillole di morte dove vi racconto l'infame storia dei miei due infami inglesi preferiti:
Henry Stafford, secondo duca di Buckingham e Edward Stafford, suo figlio e successore.

Immaginatevi su un divano, spaparanzati comodi assieme ad un amico, mentre vi state guardando la terza puntata del vostro serial preferito. Pensate al giuramento che avete fatto: "nessuno dei due guarderà una puntata senza l'altro, niente anticipazioni, uniti nel destino della inconsapevolezza, assolutamente niente SPOILER". 
Eccovi lì, uno di fianco all'altro, la terza puntata sta per finire quando, all'improvviso, un assassino spuntato da un antro buio accoltella a morte la moglie /fratello/miglior amico del protagonista. 
Ecco.
Ci siete? Avete in mente la scena? Ora immaginate che il vostro amico vi guardi mentre siete a bocca aperta per lo stupore e la mancanza di una bestemmia appropriata sulla punta della lingua. 
Ecco.
In quel preciso istante il vostro amico vi appoggerà una mano sulla spalla e vi dirà: "See, se ti ha stupito questo figurati quando scoprirai che l'assassino è il suo gemello malvagio che ha sempre vissuto a Vertemate con Minoprio".
La sensazione è quella della pugnalata alla schiena o, se preferite, quella del cervello ghiacciato mentre ti stai mordendo un ghiacciolo. 

Non disperate, pensate a quel povero storpio del mio amico Riccardo III d'Inghilterra quando seppe che il suo fidato amico Henry si stava preparando ad attaccarlo. Avevano condiviso un sacco di cose insieme: avevano messo i principini nella Torre di Londra dalla quale mai uscirono, insieme li dichiararono illegittimi, immagino si prendessero per mano fischiettando madrigali simili a "I can't smile without you" di Barry Manilow. Poi, appena avuto un momento libero, Henry pensò bene di voltar gabbana e parteggiare per il rivale di Riccardo, Enrico di Richmond (il futuro Enrico VII Tudor), ma gli andò male, il re ottenne la sua testa, anche se non gli servì a molto: Enrico Tudor vinse comunque poco dopo. 
Anche a Riccardo venne il mal di testa da ghiacciolo, ma molto più acuto del vostro.




Ora, so che vi ho lasciato sbigottiti sul divano, ma vi spiego perché vi ho trascinato in mezzo ai duchi di Buckingham.
Il figlio del caro Henry, Edward, non se la cavò meglio del padre. A legger quello che scrive Scarisbrick, un mio caro amico storico, Eddie era uno smargiasso che non stava attento alle parole. Se ne andava bel bello in giro dicendo che avrebbe fatto al re quello che suo padre avrebbe voluto fare a Riccardo III: inginocchiarsi innanzi a lui per poi pugnalarlo. Tronfio e sgraziato, se ne andava qua e là a dire che esisteva una profezia per cui egli un giorno sarebbe stato re. Non fu molto furbo, soprattutto pensando che fu suddito di quel ragazzone per nulla permaloso di Enrico VIII, che per tutta risposta gli staccò la testa da quel collo da fagiano che si ritrovava.

Ora, non dico che dobbiate staccare la testa al vostro amico linguacciuto. 
Vi suggerisco solo di chiedervi se di fianco a voi sieda un amico o un duca di Buckingham.

La lezione di oggi è che su quel divano l'unica persona di cui vi potete fidare siete voi. 
O, nel mio caso, della mia migliore amica che non ha nemmeno idea di cosa sia lo spoileraggio e mi ha permesso la visione al cardiopalma di Broadchurch.