domenica 30 dicembre 2012

Un anno che muore.

Ed eccoci qui.
Questo stramaledetto 2012, finalmente, finisce.
Datemi una trombetta, un cappellino idiota e ballerò sulla carcassa di questo lurido e fetido anno fino a farmi scoppiare i piedi.
Il 2012 se ne va. Datemi uno scrollone perchè ancora non ci credo. 
E invece.
Ci sono cose che sembrano non finire mai.
Soprattutto quelle brutte. Come la pulizia dei denti, la telefonata di tua nonna e l'elenco dei suoi mali,  il muso delle persone a cui vuoi bene, Centovetrine. Il 2012 sembrava infinito ma siamo giunti al suo ultimo, pidocchioso giorno.
 
Quello che se ne va è un anno in più sul mio groppone. Il trentesimo, per la precisione. Ed è stato l'ultimo della Montalcini. Già. 103 anni.
Chissà quanti 2012 ha avuto nella sua vita la grande Rita. Tra sfuggire ai nazisti negli anni della guerra, conseguire grandi risultati nella ricerca scientifica e sostenere il movimento femminista, qualche anno defecante l'avrà passato pure lei. Magari non quelli della sua carica a senatore a vita. No, magari quelli son stati più rilassanti.
 
Mentre lei strappava arti dagli embrioni dei pulcini io son qui a pensare che vita orrenda ho passato in questi mesi. Sì, sono egoriferita. Sì, è morto un premio Nobel e io son qui a pensare a capodanno.
Ma alla fine, che volete che vi racconti sulla Montalcini? Un gran cervello, studi che non capiremmo mai neanche a metà nemmeno se c'impiegassimo la nostra inutile esistenza, donò una parte del denaro ricevuto con il Nobel alla sua comunità, quella ebraica, sebbene si professasse atea. Il fatto che tu non creda in qualcosa non significa che tutti debbano pensarla come te, e le persone forti ed intelligenti come lei lo sanno.
Non si sposò mai. Non ebbe mai un compagno. O una compagna. Sopportò tutto senza avere una spalla. E le spalle sono importanti. Quando ridi hai bisogno di una spalla comica e quando sei triste allora te ne serve una su cui piangere. 103 anni e nemmeno una spalla. O forse tante spalle, amici, fratelli e sorelle, colleghi, simpatizzanti, magari tutti tranne Storace, quel simpaticone che la definì decrepita. Come definirlo intelligente.
Eccoci qui, l'infido 2012 ci porta via una donna forte. Una donna sola. Una donna con un gran cervello. Una donna vecchia.
 
 
 
Da domani avremo un nuovo anno su cui appuntare le nostre ansie, per superare i nostri limiti, per innamorarci di nuovo, per prendere il coraggio a due mani e dire alla vicina del piano di sopra di controllare l'uretra dei suoi gatti affinchè la smettano di pisciarmi sulle lenzuola.
Io son ancora qui, indecisa se guardarmi vivere o se farlo sul serio. Per ora ho il cuore che regge con lo scotch, ginocchia che sostengono un corpo stile Dresda nel '45 e occhi pieni zeppi di lacrimoni trattenuti.
Ma parlo di oggi, e oggi è il 2012.

lunedì 24 dicembre 2012

Il Canto di Natale Mortuario.

Sono letteralmente assediata dagli zombie.
Il mio radioso coinquilino ha deciso di farsi una cultura in merito. Quindi mi aggiro per casa schivando fumetti di "The walking dead", dvd di "the walking dead" e, dulcis in fundo, "Zombie story"un bel libro sul genere.
Circondata.

Ma è Natale e il mio spirito bonario e gongolante fa sì che accetti tutte le sregolatezze e le stramberie del caso. In loop nella mia testa gira da giorni "Do they know it's Christmas?"versione 1984. Imbarazzante chiedersi se in Africa siano a conoscienza del fatto che sia Natale (penso che Mbele del Congo piuttosto si domandi dove siano finiti suoi machete), ma non abbastanza visto che l'abominio si è ripetuto anche pochi anni fa con una "Do they know it's Christmas? 20 years later".
A parte tutto però son qui ad aspettare, come una povera bambina scema, le reminiscenze che hanno reso i miei Natali passati una goduria. "Una poltrona per due" o "Il canto di Natale di Topolino" (affermo convinta dopo 20 anni che sia più giusto chiamarlo "Il canto di Natale di Zio Paperone"), le lucine di Natale che sbrilluccicano sull'albero, la promessa di qualche cartone di Asterix o il salame al cioccolato di mia madre che mi aspetta.
 
E son qui. A scrivere di Morte. La cosa che mi colpisce di più è la gente che odia il Natale.
Quelle, per capirci, che odiano chi ama il Natale, odiano gli addobbi, gli auguri, la programmazione televisiva. Avrebbero bisogno di un Canto di Natale alla Dickens, un qualcosa che gli faccia rimuovere lo slogan "odiare il Natale fa figo". Un'esperienza che gli faccia capire cosa muore dentro qualcuno quando si resettano i ricordi che fanno bene al cuore, che fanno sopravvivere in un pessimo presente e sperare in un bel futuro.
 
Già. Vedo Freddie Mercury in tuta bianca Adidas in veste di fantasma dei Natali passati, fare capolino dalla porta della mia sala mentre tutt'intorno l'atmosfera cambia.
Stessa casa, stesso salotto, io che mi rimpicciolisco mentre vedo il miserissimo alberello di Natale troneggiare beffardo sulla scrivania di mio padre. Il gatto, che resterà poco con noi, che si smangiucchia tutte le pecorelle del presepe. Un Natale in cui sono ancor più piccola, la sala al buio, solo le luci multicolore dell'albero, i miei genitori che mi guardano mentre sgrano gli occhioni sulla mia prima Barbie. Il calore, l'affetto. Le piccole cose che ci rendevano felici.
 
Già. Poi vedo Carlèn, il mio urologo, farmi da cicerone nel mio attuale Natale.
L'alberello illuminato, più grande, lo stesso panorama fuori dalla finestra da oltre 20 anni, una puntata di Poirot in tv, il mio coinquilino che ronfa sul divano. Vivo di nuovo qui, tra un po' sarò sola. La salute è precaria, l'amore è precario, il lavoro non c'è (ed era l'unico per cui avrei sorriso all'aggettivo "precario") e la fortuna evidentemente è andata a Bangkok a fare sesso a pagamento.
 
Già. E poi eccolo lì, l'oscuro cocchiere della Morte. Il mio fantasma dei Natali futuri. Nel terrore delle mie fantasticherie m'immagino Justin Bieber con la falce e 47 chili in più, manto nero chiazzato di ketchup e calvizie incipiente.
Cosa mi riservano i Natali futuri? Il plurale di Natale è Natali? Piena di dubbi chiudo gli occhi e penso. Sarò sola, la vigilia di Natale? Forse a cucinarmi tagliolini al salmone e mestizia? O forse spacchetterò regali auto-regalati, mangerò tortellini auto-tortellinati.
Non mi vedo con una banda di marmocchi sbavanti e un marito con un orrendo maglioncino natalizio che scatta foto da mandare a mia suocera, una donna orrenda come Enzo Paolo Turchi e cattiva come mia nonna Satana che mi regala solo saponette o libri di ricette dietetiche.
No. Del resto non mi vedo nemmeno sola, attaccata alla bottiglia, devastata dal dolore della vita e magari con 4 gatti persiani e un cucciolo di carlino. No. Anche se la mia casa avrebbe un delizioso odore di piscio di gatto e disperazione.


 
Già. Chissà.
Intanto son qui a ringraziare le persone che hanno reso splendido il mio Natale since 1982. Anche quelli che leggono libri sugli zombie sapendo che ne sono fobica. Grazie.
 
La lezione di oggi è che non solo quell'avaro e misantropo di Scrooge ha bisogno di un canto di Natale. Tutti noi dovremmo ricordarci del passato, osservare il presente e sperare nel futuro. Altrimenti saremmo morti dentro.

venerdì 7 dicembre 2012

Morto Show: la macchina del divertimorto.

Una cosa fissa da due anni nella mia vita da squallida precaria, disoccupata, "difetto sociale", è il lavoro al Centro Accrediti Stampa del Motor Show di Bologna. 
Il lavoro consiste, banalmente, nel far perdere tempo a giornalisti imbufaliti col sistema e a me imbufalita con i giornalisti nel tentativo di mercanteggiare un'entrata alla fiera dei motori targata Italia.


I giornalisti sono animali strani. Alcuni cercano d'infilare i propri nipotini di 6 anni facendoli passare come operatori di ripresa, altri che, cito, "mai e poi mai mi piegherò al sistema facendo la Tessera dell'Ordine!". Questo "sistema" dev'essere terribile. Roba che se fai la tessera diventi un burattino senz'anima.
Ci sono quelli che ti sommergono di domande "Allora? Come va' quest'anno? Bene? Pubblico ce n'è? E gli stand? Quante case automobilistiche ci sono?". Beh, già che ci siamo mi vuol chiedere come sta la mia zia di Cuneo o, già che siamo in tema, quanti elefanti riescono ad entrare in una Panda?.
Un altro tipo è quello sincero, magari implume, che schietto ti dice "Io l'articolo non so se lo faccio, è che devo comprare la macchina nuova.".
Poi ci sono i furbi. Tipo quello che ho di fianco che sta parlando con la ragazza degli accrediti Mercedes (un'adepta di Scientology che crede nel vero amore) vendendole strane storie di coliche renali e Medici Chirurghi di Fama Internazionale che han perso i loro biglietti e ne chiede altri 50 dicendo la magica frase "Oh, ma poi te li ridò! Magari lasciami anche il tuo numero!".
E' come essere un domatore di bestie in un enorme circo motoristico.

Parlando di morti e morte, il giornalista supera ogni stereotipo di vita terrena diventando uno "Zombie da Sala Stampa". 
Lo ZdSS arriva di buona lena alle 8 e 30 del mattino quando ancora le giovani e belle ragazze dell'Ufficio Stampa sorseggiano i loro caffè al Ginseng, si siedono davanti al computer sfregandosi le mani e dopo qualche chiamata degna di uno spot della vecchia Sip (Mi ami? Ma quanto mi ami? Dove sei? In Kamchatka? Machemmefrega paga BolognaFiere Trottolina mia!) vagano meditabondi per ore tra gli stand, arraffano qualche gadget, scrutano ogni novità Opel e ogni ragazza languidamente spalmata sopra di essa. Poi, a mezzogiorno, il buco nello stomaco creato dal vagabondaggio assistito, li spinge a procacciarsi cibo, facendogli risalire le scale del Blocco B dedicato alla loro sopravvivenza. Dopo pranzo lo ZdSS, se ha fortuna, si fa timbrare il prezioso pass da giornalista, infila al volo una pettorina, e sguiscia in Area 48 a vedersi qualche gara di velocità targata Ferrari o Red Bull, sgomitando per avere la foto migliore con il pilota del giorno. Galvanizzato da cotanta meraviglia, lo ZdSS si approccia al computer per scrivere il miglior articolo della sua vita. Ci pensa ore. Talvolta giorni. Si trascina in bagno con i capelli arruffati e il volto corrucciato. Il colorito volge al verde Trabant.
Trafitto da un'idea illuminante come San Paolo sulla via di Damasco, torna al pc accartocciando fogli di bloc notes, battendo come un forsennato sui tasti del suo Toshiba del 2003. Ancora in caccia d'informazioni, lo ZdSS intercetta l'addetto al bancone della Sala Stampa e gli chiede tutte le rassegne stampa della settimana. Vuole farsi un'idea di quello che hanno scritto i colleghi.
Stremato, verso le 21 - 21 e 30, lo ZdSS abbandona mestamente la sala, vorrebbe restare ancora, ma le occhiatacce dell'addetto al bancone lo fanno desistere.

In sostanza qui al Motor Show si affianca un altro evento: il Morto Show. Campionari di giornalisti bizzarri, anteprime inedite di reporter giovani e rampanti, Icon Cronisti dalle età improponibili tenuti sotto formaldeide, Luxury Inviati, ovvero quelli targati TG 5 o Sky e infine le gare all'Area 90 mortocheparla per l'ultimo posto in Sala Stampa. Una valanga di zombie muniti di pass.

La lezione di oggi è: vieni al Motor Show che ti diverti e adotta uno Zombie da Sala Stampa. Basta un gadget firmato Motor Show e sarà tuo PER SEMPRE.