martedì 28 febbraio 2012

Sposare un re è un po' come avere un tumore e scambiarlo per un lieto Evento.

Sguazzare nella vita e nella morte delle sei mogli e dei tre figli di Enrico VIII è uno spasso dal quale non potevo esimermi. Come al solito, si parte dal principio e in principio ci fu Caterina d'Aragona.
Dolce, bionda, graziosa, bigotta, Catty era figlia di Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, nobilissima e belloccia: meravigliosi capelli biondi-ramati, occhioni blu e incarnato candido. La statura invece la fregava un po': era un po' bassa, ma di fianco ad Enrico VIII che era almeno un metro e novanta sfido chiunque a sentirsi anche solo di media statura.
Catty era un tipa tosta, un Mr T senza tutte le collane finto oro prese da H&M per intenderci. Prima di sposare Enrico, Catty ne passò di tutti i colori poiché sia il futuro suocero, Enrico VII, che il padre amorevole Ferdi, erano due tirchi pezzenti colossali. Ella infatti arrivò in Inghilterra per sposare il fratello di EnricoVIII, Arturo, il primogenito Tudor ma dopo pochi mesi di matrimonio il rachitico Arturo soccombette, lasciando Caterina vedova e vergine. Enrico VII, che voleva tutta la dote della principessa, importunò Ferdi d'Aragona minacciando di non far sposare la figlia al fratello ben dotato del defunto Arturo, ovvero Enrico VIII. Con la dipartita del vecchio tirchio Enrico, dopo anni di sofferenza, Catty sposò il giovane, energico, non ancora obeso, Enrico. Fu un bel matrimonio, andava tutto benissimo e la giovane sposa si dimostrava forte e combattiva: mentre Enrico VIII era in Francia a combattere, gli inglesi vinsero in casa contro gli scozzesi: un bel match tanto che, come un trofeo, Caterina inviò l'abito insanguinato di Giacomo IV di Scozia, morto in battaglia,  al marito al fronte. Ma si sa, senza l'erede maschio il re vedeva in pericolo la dinastia, una regina alla guida di uno stato è considerata come una donna alla guida di una smart: pericolosa e maldestra. Catty, che proveniva da una famiglia dove le donne rimanevano incinta con uno sguardo, fu in grado di sfornare una sola figlia sana in sei gravidanze, Maria. Il re ben presto s'invaghi di Anna Bolena e montò un gran casino sul suo matrimonio con Caterina e fece di tutto pur di farlo invalidare. E ci riuscì. A Catty si spezzò il cuore, quel matrimonio per 20 anni aveva funzionato, il regno era prospero. Enrico invece si affidava alla Bibbia: "se un uomo sposa la moglie del fratello, saranno destinati a non avere figli", cita il Levitico. Il tempismo di Enrico VIII non ha niente di opportunistico, ovviamente.
Catty si ritirò forzatamente nel castello di Kimbolton dove morì nel 1536 a 50 anni. Si dice che morì per il dolore, o per un tumore. Resta comunque il fatto che per tutta la vita si considerò la moglie del re e di conseguenza la regina legittima d'Inghilterra. Alcuno sostenne che i Bolena o chi per loro, l'avessero avvelenata poichè l'imbalsamatore di Catty sostenne "che il suo cuore era totalmente annerito con una strana escrescenza rotonda e nera attaccato ad esso"
Lezione da imparare: meglio vedova che mal accompagnata.


Non andò meglio alla figlia, Maria.
Se la madre aveva avuto la pressione appiccicata addosso perchè concepisse un erede maschio, Maria, bella come James Wood, si convinse, non a torto forse, di aspettare l'erede tanto atteso da lei e dal marito Filippo di Spagna. Peccato che più passavano i mesi più la gente in tutta Europa si chiedeva quando sarebbe nato l'erede. La gravidanza infatti era cominciata ad autunno e ad aprile ancora nessun segno del nascituro. Si fanno congetture, si sospetta che sia tutta una montatura e la regina  alterna momenti di apatia a assoluta certezza che la nascita del bambino avverrà di lì a poco. Solo con l'arrivo dell'autunno seguente la povera Mary capirà che quello che ha in pancia non è l'erede Tudor ma un tumore grande come un pomplemo. Ironia: la regina all'inizio della "gravidanza" aveva giurato di sentire il piccolo muoversi.
Lezione importante: se una gravidanza dura più di nove mesi allora può darsi che non sia una gravidanza.

sabato 25 febbraio 2012

Santi, sante e quasi santi.

I santi, l'ho sempre sostenuto, sono sempre i migliori in quanto morti assurde. A parte i martiri dei primi secoli, che godono di una loro particolare croccantezza, i santi del medioevo ci deliziano sempre con le loro leggendarie vite e gli altrettanto spassosi trapassi.
Prendiamo per esempio il caro Pretestato di Rouen doveva sapere che a) la donna è figlia del demonio e b) che tra moglie e marito, cognate e nipoti non si mettono mai le dita.
Pretty, che visse nel VI secolo dopo Cristo, si mise in mezzo agli affari della cara regina dei Franchi di Neustria, Fredegonda, la quale non si faceva assolutamente alcun scrupolo nell'assassinare parenti e combinare o rovinare matrimoni. Frede aveva ammaliato a tal punto Chilperico I da indurlo ad ammazzare le sue prime mogli, Audovera e Galsuinda, e aveva di sicuro commissionato l'assassinio del cognato Sigeberto I. Pretty la prese sotto gamba e celebrò il matrimonio della vedova di Sigeberto, Brunechilde, con Meroveo figlio dello stesso Chilperico (casini alto medievali. Pensate studiare queste cose per un esame. Voglia di morte da ingerimento di bianchetto).
Chilperico e Fredegonda s'incazzano come puma albini, indicono un concilio ed esiliano Pretestato nell'isola di Jersey. Solitario e in continua preghiera Pretestato alimenta un sentimento tipicamente cristiano: la voglia di VENDETTA. Tornato in Francia dopo la morte di Chilperico, la prima cosa che Pretty fa è condannare pubblicamente Fredegonda per i suoi crimini. Non una volta, non due, non tre, infinite volte. Fredegonda è esasperata. "Guarda te - avrà pensato - se con tutti i casini che ho devo sentire anche 'sto beota mangiasassi". La regina allora in modo ragionevole risolve la questione: fa pugnalare Pretestato mentre si preparava per la messa in un giorno di febbraio del 586.
La lezione è: una donna, con o senza ciclo mestruale, è pericolosa. Ma pare che i preti non lo capiscano.

Una donna santa fino al midollo era la cara Valpurga. Santa dell'VIII secolo, si narra che dalla sua tomba sgorgasse un liquido con poteri lenitivi. E che il suo culto venisse associato alla difesa dai riti delle streghe.
La lezione è che una santa donna rompe meno le palle di un sant'uomo (vedi uno a casa, tipo PRETESTATO DI ROUEN) e viene ricordata più a lungo.

Ma c'è anche chi santo non diventerà mai. Roberto d'Arbrissel è figlio di un prete, e già la premessa non è di quelle favorevolissime ad una beatificazione, studia teologia, si sposa poi ci ripensa, fa l'asceta, è contro la simonia ed il concubinaggio degli ecclesiastici, cammina scalzo e povero, predica a prostitute e altri reietti, fonda una comunità che accolga laici, chierici, malati e chiunque voglia vivere una vita povera, umile e devota a Cristo. Un uomo buono, che non faceva differenze, che viveva un' umile esistenza. Non diventò mai santo. Molti provarono a sostenere la sua santità, ma nulla.
La lezione è che se ti metti contro una regina dei Franchi diventi santo, se spurghi crema idratante dalla tua tomba sei una santa ma se vivi come un vero santo allora era meglio se aprivi un McDonald.

venerdì 24 febbraio 2012

Nomi d'arte e Truismo: la morte nel nome.

A volte il destino è crudele, altre siamo noi a complicarci la vita. Se per esempio vuoi sfondare nel mondo della musica farti ricordare con un nome tipo Lino Bartolini non è di certo il massimo, concordo. Ma cambiarlo in Tony, poi Rocco, Montana è un suicidio, soprattutto per noi che oggi di Montana ci viene in mente solo Al Pacino in Scarface. Tutto questo giro per parlarvi della breve vita e della rapida morte di Rocco Montana (al secolo che fu, Lino Bartolini). Rocco cominciò a cantare alla fine dei favolosi anni 50 sfornando titoli ragguardevoli come :Pupa biondaSono un bel ragazzo, Ti chiami amor, Ti guardo, Via con te, Tu lo sai.
Ammetto che doveva essere proprio una BOMBA questo Montana. Nel 1963, non pago dei successoni che sfornava e di una partecipazione a Sanremo, decise di fondare un gruppo musicale. Probabilmente fecero scegliere il nome a Montana perchè il dubbio gusto della scelta del suo nome d'arte potrebbe spiegare l'orrore del nome del complesso: i Cattuboli. Non me ne vogliano i Cattuboli, ma dai seriamente I CATTUBOLI? Comunque, Rocco e i Cattuboli rimangono scolpiti nell'eterno grazie ad un loro concerto nientepopòdimenoche a Milano, davanti al Castello Sforzesco. Ma Rocco, da quell'innovativo che era (e qui non scherzo) decise di rinnovare il gruppo partendo dal nome: Rocco e i suoi Arlecchini. Una tristezza allucinante. Purtroppo un incidente spezza la vita di Rocco a soli 37 anni. La sua morte però, narra la leggenda, fece nascere un nuovo cantante. Il fratello, Lando Bartolini, che non cambiò mai il suo nome,rimase così colpito dalla morte di Rocco/Lino che decise di divenire cantante per onorare la memoria del fratello. Divenne uno dei più acclamati tenori italiani al mondo, diretto addirittura da Zubin Mehta.
La lezione di oggi è: anche se hai un nome di merda, cambiarlo non è detto che risolva i problemi. E soprattutto: cosa sono i Cattuboli?


Un altro problema possono essere i tuoi amici. Il povero Jacques de La Palice, abile maresciallo di Francia, in vita combattè numerosissime battaglie, portò soccorso anche a noi bolognesi contro gli spagnoli, fu fatto prigioniero nel 1502 sempre dai maledetti spagnoli e liberato due anni dopo proprio quando sua moglie Marie morì. Il povero La Palice era un bravo combattente, apprezzato dai suoi commilitoni che alla sua morte, avvenuta il 25 febbraio 1525, decidono di scrivere dei versi in suo onore. Il verso più famoso è "... se non fosse morto / farebbe ancora invidia" ("il ferait encore envie"), che col passare del tempo viene irrimediabilmente storpiato: "il ferait" diventa "il serait", ovvero "lui sarebbe" ed "envie" diventa "en vie", ovvero in vita. Ovviamente il verso "se non fosse morto/ sarebbe ancora in vita" è un'onesta presa per il culo che ha preso il suo nome: tanto ovvio da essere lapalissiano. Addirittura dei divertentissimi cantori a lui posteriori hanno deciso di farlo diventare lo zimbello della banalità, anche il nostro Sergio Endrigo ci si divertì.
Altra lezione: se muori in battaglia in modo valoroso fai in modo che i tuoi uomini scrivano epitaffi non storpiabili nei secoli. Mi sembra lapalissiano.


giovedì 23 febbraio 2012

Di un immortale, di un duca e sua figlia e di un fottuto marine.

I martiri, in quanto a morte, sono sempre i protagonisti più croccanti insieme forse agli imperatori bizantini. Mentre questi ultimi godono di soprannomi ambitissimi (ricordiamo Michele l'Ubriaco, Costantino Copronimo, ovvero il "merdoso", Basilio il cieco e la lista è luuuunghissima) i martiri cristiani dei primi secoli vantano morti al limite dello scoppio di vescica dal troppo ridere. Il 23 febbraio del 155 dopo Cristo il povero Policarpo di Smirne trovò la morte per mano del proconsole Stazio Quadrato. Il proconsole su ordine dell'imperatore Antonino Pio, ordinò che Polly venisse arso vivo dopo essersi rifiutato di compiere un sacrificio. Fin qui tutto bene. Solita routine: arriva il proconsole, il  cristiano si rifiuta di sacrificare qualcosa e bam! il cristiano va al rogo/mangiato dalle bestie feroci/ammazzato dai gladiatori bla bla. Ma Polly, che sprizza santità da tutti i pori, considerato un vip dell'epoca essendo un letterato e teologo brillante dopo le sue sfide con Marcione (Marcione, un nome un programma) riesce in un numero degno di David Copperfield: Messo ad ardere non arse. Non prese fuoco. Immaginate l'imbarazzo di Stazio Quadrato: seduto con la mano sulla fronte a bestemmiare, inquieto si alza, caccia altri due bestemmioni e lo uccide con una pugnalata.
La lezione da imparare è che ognuno ha le sue idee e spesso è ignifugo.

Uno che invece fece i conti senza l'oste fu Henry Grey duca di Suffolk. Quando ti metti contro Enrico VIII, anche se morto da un pezzo, o i suoi eredi, anche se donne, rischi di perdere la testa. Henry pensò di compiere la furbata del secolo: affiliandosi qua e là con dignitari di corte convinse il povero e piccolo Edoardo VI d'Inghilterra a firmare un testamento in cui si affermava che dopo la sua morte gli sarebbero successi gli eredi di Frances Brandon, guarda caso la moglie di Henry. Ma gli andò male.
Dopo la morte di Edoardo, a casa Grey si stappò lo champagne e si mangiò pudding a tutte le ore. Maria, figlia di Enrico VIII, incacchiata come un'ape, piomba in Inghilterra con un esercito e toglie dal trono la povera Jane Grey, regina per pochi giorni, a colpi di accetta. Stessa sorte toccò ad Henry il 23 febbraio 1554.
La lezione da imparare è tale padre tale figlia: se una brandisce l'accetta l'altra perde la capa.

Carlos Hathcock era un marine americano, di quelli che si vedono nei film. In Vietnam lo chiamavano "Long Tra'ng du'Kich", il "cecchino dalla penna bianca": uccise 93 Viet - Cong, i quali incazzati neri misero una taglia sulla sua testa di 50.000 dollari (una follia), tutto ciò mimetizzandosi alla perfezione fatto salvo alla penna bianca che portava sul berretto. Chiamava i Viet - Cong "Hamburger" e dichiarò che non è che gli piacesse ammazzare tutta quella gente, ma altrimenti :"Se non li avessi presi, quei bastardi avrebbero ucciso molti di quei ragazzini travestiti da Marines che avevamo." La sua carriera finì nel 1969 quando il su mezzo saltò in aria su una mina anti-carro. Salvò sette compagni ustionandosi il 90% del corpo. Ma non morì, proprio come Policarpo di Smirne. Cotto ma vivo rifiutò la medaglia d'argento, cominciò a praticare la caccia allo squalo per poi morire nel 1999.
Mai far incacchiare un cecchino dei marines. Quelli, come i martiri cristiani, non bruciano.

mercoledì 22 febbraio 2012

La rosa bianca, i pericoli della cistifellea e una madre devota.

Per un momento, breve ma necessario, torno seria per ricordare che esattamente 69 anni fa perdeva la vita Sophie Scholl, attivista nel gruppo di resistenza non violenta al regime nazista detto "Rosa Bianca".
Fu arrestata, processata ed infine ghigliottinata insieme al fratello Hans e all'amico Christoph Probst. Aveva tentato di resistere a quella macchina micidiale dai mille tentacoli che era il nazismo. Curiosa la scelta della ghigliottina, fa tanto "Fine Ancien Regime".

Dopo una parentesi seria il morto più glamour di oggi è il signor Andrew Warhola jr, il mite e contenuto Andy Warhol.
Il povero Andy morì il 22 febbraio 1987 dopo un intervento fallito alla cistifellea. Poliedrico, snob, magro da far paura, Andy si distinse in campo artistico propinandoci barattoli di zuppe e ripetizioni allucinanti delle stesse facce in technicolor. La cosa più debilitante che affrontò non fu il tentato omicidio da parte della Solanas, una frequentatrice della Factory, nel 1968, ma la pericolosa ammirazione che nutriva per Loredana Bertè. Memorabili i suoi cortometraggi, "Blow Job" sono 35 minuti di espressioni facciali di un uomo che riceve un pompino.
Andy è morto alle 5:45 del mattino, sedato ed incosciente, un'esperienza non insolita per lui. Se fosse morto nel 1968 per mano di quella pazza della Solanas (la cara malata di mente tentò poi di vendere la sceneggiatura del fattaccio allo stesso Warhol: immaginate la sua faccia) nessuno se lo sarebbe filato più di tanto: due giorni dopo infatti spararono a Bob Kennedy (e non fu la Solanas).

Concluderei con una piccola chicca tardo antica. Costantino VI, imperatore bizantino dell'VIII secolo, aveva una mammina premurosa di nome Irene (il cui nome significa "Pace"). Alla mammina piaceva il potere e amava suo figlio quasi quanto il trapano dei vicini alle 7 della mattina di domenica. La cara Irene tentò in ogni modo di screditare il figlio agli occhi del popolo: gli fece accecare un sacco di gente simpatica e un paio di zii, lo fece divorziare (tipico di qualsiasi suocera), provò pure ad ammazzarlo ma nulla, sempre lì, Costantino aveva una pellaccia durissima. immagino la frustrazione di mamma Irene: tenti di ammazzare e svilire tuo figlio ma niente. Tipico di qualsiasi buona madre. Poi, un giorno di agosto del 797 Irene ci riuscì. Ci riuscì talmente bene che decise di farlo in grande stile: catturato sulla sponda asiatica, il povero Costa fu portato a Costantinopoli nella stessa sala di palazzo dove aveva ricevuto il battesimo e lì fu accecato. Morì per le ustioni riportate.
La lezione di oggi è dunque che i figli so' piezz 'e core, certe madri piezz 'emmerda.

martedì 21 febbraio 2012

Della pericolosità del tennis e della devozione di certi motociclisti austriaci

Lo sport è una parte importante della nostra vita. Lo sostiene una persona che dovrebbe essere a godersi la sua settimana gratuita in palestra e che invece è inchiodata su una sedia a raccontarvi la storia di due uomini molto particolari in vita e soprattutto nella morte.

Il primo importante personaggio è Giacomo I di Scozia che morì il 21 febbraio 1437 per colpa del tennis. Ma ci arriveremo. Prima di tutto bisogna ricordare che Giacomino in vita aveva passato ogni sorta di punizione da romanzo russo. Il fratello morì di fame prigioniero nel Fife, per paura che anche Giacomino potesse essere preso in ostaggio da quei cattivoni degli inglesi, "le autorità" scozzesi (mi piacerebbe sapere quali) lo spedirono in Francia. Manco a dirlo venne catturato e fatto prigioniero dai cattivoni ed imprigionato nel castello di Windsor. Il padre, il povero Roberto III, morì dal dolore. Ora, le probabilità di sopravvivenza dei sovrani scozzesi erano alte come le probabilità di vittoria dello scudetto da parte dell'Inter nella stagione 2011/2012. Ma Giacomino aveva una bella tempra e siccome nessuno volle pagare il riscatto di 40.000 sterline Giacky si dedicò allo studio e ,a quanto pare, allo sport. Quando finalmente tornò in Scozia non aveva calcolato che gli scozzesi sono quel tipo di popolo che assomiglia ad una classe di Secondigliano quando il professore si assenta per un minuto: guerra civile, fazioni che si scontrano per la supremazia, totale rifiuto del potere costituito. Giacomo governò saggiamente e con mano ferma, ma quel bischeraccio di sir Robert Graham non ne volle sapere. Il 21 febbraio fece irruzione nel monastero dei domenicani di Perth con l'intento di compiere un bel regicidio. Il re scappò a gambe levate giù per le fogne, ce l'avrebbe quasi fatta se non fosse stato per le palle da tennis. Tre giorni prima infatti Sua Maestà aveva fatto bloccare l'altra estremità dello scarico poichè era collegata con la corte del tennis e le palle ci finivano regolarmente dentro. Intrappolato come un topo, Giacomino fu ucciso. Mi domando quanto si sarà pentito di aver cominciato a vivere all'inglese pensando di installare un campo alla Wimbledon in SCOZIA. In Scozia si beve, si canta e ci si ammazza. Ma di tennis nemmeno l'ombra. Ma dai.
La lezione importante che dobbiamo imparare è: lo sport è importante, la pellaccia ancora di più.



L'altro personaggio di oggi è Falco. Avete presente Falco, no? L'unico cantante austriaco che il mondo abbia conosciuto. Non tiratemi fuori soprano e compositori: no, CANTANTE AUSTRIACO. Già ho detto tutto. Falco s'impone con canzoni memorabili come "Der Kommissar" e "Rock me Amadeus", capolavori indiscussi del trash anni 80, solo il Telegattone potè fare di meglio.
Falco è l'unico sopravvissuto di un parto trigemellare, e a 5 anni gli viene certificato l'orecchio assoluto. L'Austria vede la possibilità di tornare alla ribalta sul piano musicale internazionale, ma poi Falco manda tutto a quel paese. Ma bisogna capirlo, erano gli anni 80! Dopo inizi contrastati (Ganz Wien, canzone sull'uso di droga a Vienna, viene censurata) nell'86 piazza "Rock me Amadeus" al vertice delle classifiche americane ed inglesi. Un austriaco negli USA.
Sarà stato cantare con Brigitte Nielsen, saranno gli eccessi del piccolo Falco ma la crisi creativa arriva e così si trasferisce nella Repubblica Dominicana (posto trash per eccellenza per le popolazioni austro-ungariche). Purtroppo però il buon vecchio Falco, tornato brevemente al successo negli anni 90 con il singolo "Titanic" (e qui avremmo dovuto capire che la fine era vicina), si schianta con la sua auto in quel paradiso trash dominicano il 6 febbraio 1998. Non è tanto la sua morte a stupirci, ma il seguito. Il suo corpo verrà riportato in Austria da un aereo della linea Lauda Air (ebbene sì, Nikki Lauda aveva una linea aerea e sì, era grande amico di Falco: un po' come se Fisichella fosse grande amico di Tiziano Ferro), il suo feretro venne portato al luogo di sepoltura dagli stessi motociclisti rock viennesi che girarono con lui il video di "Rock me Amadeus" e la sua tomba è una scultura kitsch/esoterica degna di mia nonna che colleziona galli in ceramica.
Riposa vicino a Ludwig Van Beethoven. Immagino i party a base di coca e alcool.



lunedì 20 febbraio 2012

Buongiorno Care e Cari,

Oggi dono la vita ad un blog che parla di morte. Non pensate subito a catastrofi, lacrime e disperazione. Nulla di tutto ciò. Voglio solo raccontare, attraverso una delle poche esperienze che ci unisce universalmente (oltre ad altre inevitabili consuetudini come l'assunzione annuale delle repliche de "La signora in giallo" o l'uscire di casa con la pioggia ed avere sistematicamente l'ombrello bucato) alcune storie di personaggi celebri, irriverenti figure storiche e storie parentali. Cosa pensa, come reagisce, come s'illude la gente nel momento in cui la triste mietitrice fa capolino nel loro ultimo sprazzo di vita? Ma soprattutto, c'è morte  e morte: la morte civile fa più male del trapasso vero e proprio?
D'altronde "La morte viene silenziosa come un alce, dai vivi ci separa con il taglio di una falce."

Come laureata in storia medievale ne ho sentite e lette di tutti i colori. Ad esempio, il povero Goffredo il Gobbo, marito di Matilde di Canossa, si beccò una spada nel deretano mentre cercava di espletare i suoi bisogni nel bel mezzo della notte. Immaginate la scena: notte fonda, il giorno dopo avete una battaglia in un posto dove a febbraio fa un freddo immondo (la battaglia si doveva combattere sulla Schelda, un fiume vicino ad Anversa), l'urgenza intestinale vi fa scattare in bagno come un novello Usain Bolt, arrivati, vi calate le brache e ZAC! Ora, il povero Goffredo ebbe tutto il tempo per rimettere i suoi peccati al Signore e sistemare la successione (designò come suo successore quel figo di Goffredo di Buglione ma l'imperatore si fece una grossa risata e disse no.) e pensare che forse sua moglie non gli sarebbe mancata poi così tanto: lui sosteneva l'imperatore, lei il papa, come dire.. un matrimonio di sicuro successo, quasi quanto quello di Lady Diana ed il principe Carlo. La morte infatti per il povero Goffredo sopraggiunse dopo una settimana. Una settimana. Dopo una vita di merda, con un soprannome ridicolo e fantozziano, passata con una moglie tiranna,scassa palle e magari pure mandante del cessicidio, aver sopportato pure la morte di una figlioletta, la dipartita di Goffredo non lo aiutò a farsi ricordare dai posteri come un personaggio d'onore e d'animo nobile. No. "Quello della spada nel culo".
Sarà.
Da ciò possiamo imparare una lezione importante: il sicario è un lavoro di merda.