sabato 31 dicembre 2016

L'ultimo giorno della Morte

In tempi sospetti, ovvero il 31 dicembre dell'anno scorso, avevo pronosticato che il 2016 sarebbe stato un anno difficile, paragonandolo all'ascolto di un cd di Eros Ramazzotti.
In realtà è stato più simile allo stato d'animo che mi accompagna quando, per sbaglio, m'imbatto in un'intervista a Nek: curiosa morbosità unita a disgusto borghese.

Così oggi faccio un bilancio mortuario per voi che in tutti questi mesi mi avete guardato con occhi supplicanti ogni qualvolta Facebook v'informava del decesso del vip di turno.

"E' morto BOWIE! OSSANTODIO Fede, che dici?"
"Hai letto di Alan Rickman? Mamma mia, ho pianto per ORE, cioè Severus Piton? Bestiale cazzo!Fede, scrivici un pezzo dai"
"Oh, ma hai sentito di Rispoli?Guarda, è da ieri che son qui che consolo mia nonna, un dolore... oh ma, scrivici un pezzo"

La verità è che se non ho scritto molto a riguardo è perché "Ars Moriendi" non segue i rigidi diktat del mercato ma solo le paturnie del momento, il filo rosso dei ricordi, quello che si conosce.
Ma via, siccome considero il 2016 come l'anno del "adesso ti do un segnale forte di quello su cui dovresti concentrarti nella vita", vi do quello che volete. E mi costa. Scoprirete che per certi versi sono un vero proprio inganno.

DAVID BOWIE: non ho mai avuto o ascoltato un intero disco di Bowie. Potrei ascoltare un intero disco dei Carcass o l'intera discografia de 5ive, ma non ho mai dato una chance a Bowie. Questione di tempi: quando a 15 anni i miei amici ascoltavano i Nirvana io ascoltavo Bryan Adams che consideravo il TOP, quando poi a 21 ascoltai i Nirvana, esaltandomi come una scolaretta, i miei coetanei avevano già superato il Nu Metal e andavano verso la deriva Hip Hop. Quindi non avrei mai saputo cosa scrivere su Bowie per farvi felici, per me rimane  colui che duetta con Freddie Mercury in "Under Pressure". Vale?



ALAN RICKMAN: non scrivo nulla su Alan Rickman perché prima di essere il vostro amato Severus Piton è stato lo stracazzutissimo sceriffo di Nottingham in "Robin Hood - Principe dei ladri". E io ho ancora gli incubi sullo sceriffo di Nottingham. 

UMBERTO ECO e HARPER LEE: di per sé è già abbastanza significativo che siano morti lo stesso giorno.

NANCY REAGAN: le mogli vivono più dei loro mariti. E meglio.

PRINCE: vedi sopra "Bowie". Penso di conoscere solo "Kiss" meramente perché, mentre guardavo il video, mio padre laconicamente commentava: "Pensa a Prince quanta figa che ha a mano...".

RICCARDO GARRONE: e anche questo se lo semo levato dalle palle. (semicit.)

MUHAMMAD ALI: pensavo fosse già morto.

BUD SPENCER: dunque, quel che mi ricollega a Bud Spencer è un ricordo olfattivo non tanto piacevole: mia nonna che m'invita a partecipare ad una gara di peti mentre guardiamo "Lo chiamavano Trinità". Lei iniziava sempre per prima.

DARIO FO: "Federì, è morto Fo!" la collega mi guarda con gli occhi della disperazione.
La mia risposta: "Succede".

LEONARD COHEN: vedi sopra "Bowie". Sarei curiosa di fare un sondaggio: quanti di voi possiedono un cd di Leonard Cohen? Non vale la registrazione su cassetta di "Hallelujah". No, nemmeno quella di Jeff Buckley o la colonna sonora di "Shrek".

Ecco. Ora sapete che anche Ars Moriendi è affetto da una sorta di snobismo alla Lavinia Borromeo, anche se il più delle volte affronta il tema con la serena lucidità di Lapo Elkann.

Mi piacerebbe cullarvi nei ricordi piacevoli legati ad Anna Marchesini, di me sdraiata da bambina malata nel lettone della nonna mentre guardo "I Promessi Sposi" del Trio e rido in una penombra fredda e nuova, vorrei riportarvi in riva al mare con Karina Huff che si strugge per amore e io che mi struggo perché non sono bella quanto Karina Huff, vi sorbireste milioni di puntate di "Law and Order" insieme a me mentre Steven Hill sta seduto, solo e piccolo su un' enorme poltrona di pelle insieme a Jack Mcoy,  pensereste che sono pazza mentre osanno il genio di George Michael e del video di "Outside" o mentre lo guardo indossare quella giacca color salmone mentre canta "Somebody to love" in onore di chi la cantava poco meglio di lui.
Quella giacca color salmone che fu la piaga degli anni '90, che fu tratto distintivo di pochi altri come Alex Baroni che qualche settimana fa avrebbe compiuto 50 anni. Alex Baroni che è negli occhi e nelle canzoni di Giorgia da più o meno sempre, che quando sento un nuovo singolo di Giorgia piango di default perché tanto so che sarà solo un collage di ricordi strazianti uniti da un ritornello. Quel dolore fatto di lacrime giornaliere che non se ne vanno, che ti accompagnano sempre e chi logorano il cuore un pezzettino alla volta, fino a spezzartelo.



Perché il cuore e la mente si spezzano davanti ad un dolore così irreversibile. Lo sanno la principessa Leia Organa e sua madre Debbie Reynolds, ad esempio.

Perché la morte ti può anche lasciare indifferente. Come nel caso di qualche politico sopra le righe.


Ecco, questa è la morte nel 2016. 
O perlomeno, questo è quello che ci ha colpito della morte nel 2016: milioni di facce conosciute che all'improvviso se ne vanno, qualcosa d'immortale nelle nostre vite che si spegne e si rivela per quello che è, la facilità con cui proliferano battute come "è stato davvero il suo "Last Christmas"!", i nostri idoli che non sono altro che noi in versione "ce l'ho fatta".


La morte nel 2016 però dovrebbe avere gli occhi di Jo Cox e dell'odio, dovrebbe avere le gambe di chi non è riuscito a camminare fuori da Aleppo o a scappare dalla traiettoria di camion assassini, dovrebbe avere i polmoni pieni di acqua di chi ha provato a nuotare più forte senza essere alle Olimpiadi, dovrebbe avere la faccia piena di polvere di tutte le macerie delle case che crollano per le bombe o per i terremoti.


Intanto l'orologio corre verso il 2017, non vorrei chiudere questo post acida quanto una recensione della Murgia, quindi vi auguro un anno pieno di vita, gioia e soddisfazioni personali.

Per Ars Moriendi è stato un anno molto bello e per il 2017 vi prometto novità ancora più grandi. 
Non so se sperare che si ripeta la prolificità di quest'anno o meno. Facciamo un po' di meno, grazie.

Dedicato alla garbata presenza sulla terra di Luciano Rispoli.