lunedì 14 aprile 2014

Tako Tsubo - Curarsi dalla morte.

Peaches Geldof.
Mickey Rooney.
Ultimate Warrior.

Per dirne tre.
Potrei raccontarvi la loro morte, di due di loro anche la vita. Potrei farvi notare che lo stilista di Ultimate Warrior probabilmente fosse lo stesso di Peaches Geldof. Potrei persino citarvi quel pezzo de "I Simpson" in cui c'è Rooney che scippa la parte di ragazzo ionico a Milhouse.

Potrei.
Ma potrei anche intasarvi il cuore di lacrime. 
Potrei annunciarvi la morte di un amico comune.
Potrei annunciarvi la fine di questo blog.

Lo so che in quanto a minacce d'abbandono sono ormai una diva consumata, una sorta di Callas in carne e tenia, ma potrei essere arrivata a vedere quella luce in fondo al tunnel che da tanto tempo aspettavo di scorgere. Questo caro amico mortifero ha risentito di tutti i miei umori, ha vissuto insieme a me le fasi dell'abbandono, della rinascita, del fallimento e quelle più leggere dell'innamoramento, della noia, della conoscenza. Ora sento arrivato il tempo di andare avanti, verso la luce, e di lasciare libero questo piccolo spazio che ormai richiede le attenzioni di una creatura in fasce.
Una creatura a cui io non posso nemmeno pulire il sederino. E lo dico proprio perché accarezzandolo, scrutandolo e spulciandolo come si fa con i bimbi in età scolare per controllare non ci siano pidocchi, mi sono accorta dopo mesi di aver ricevuto commenti brutalmente negativi sul mio post riguardante Herbalife. 
E non è per quei commenti sprezzanti, attenzione,  ma perché non ci ho mai fatto caso (tra parentesi, adepti dell' Herbalife che difendono il loro guru morto da anni non mi fanno né paura né incazzo; mi fanno pena, poveri cucciolotti smarriti nel sistema piramidale). Sono una mamma assente e abbandono la mia creatura, la uccido se volete, ma lo trovo brutale.
E piagnucolo, lo ammetto, mentre scrivo ascoltando "Hurt" cantata da Johnny Cash. Ve lo ricordate il post su Johnny e June? Io sì. E non solo perché l'ho scritto e ancora non soffro di alzheimer, ma perché in quel momento il mio amico blog mi aiutava a tenere alta la testa e a non vergognarmi del fatto di amare un cretino.
Mi ricordo del sentimental post su Adolf ed Eva, sulla follia familiare di Van Gogh e quello sulla morte di Jenny, l'amata di Forrest Gump. Mi commuovo a ripensare all'impegno e al significato che hanno avuto per me e per voi. E mi commuovo pensando di non aver mai dedicato un post a Mike Bongiorno: sulla storia della bara scomparsa avrei potuto farvi sbellicare per settimane. Ma sono fiera dei piccoli momenti di quotidiana morte che vi regalato. Sul fatto che fossero divertenti ed esecrabili son d'accordo, ma non era per nulla facile partorirli.

Tutti post curavano e allo stesso tempo acuivano il dolore al mio cuore rattoppato.
Come chi beve per non prendersi sul serio.
Come chi fa shopping compulsivo comprando cagnolini di ceramica per poi piangere sul pavimento in posizione fetale.
Come chi ha creato Google +.
Sollievo e dolore, appagamento e consapevolezza dell'errore.

Ecco, io voglio sollievo. Voglio la Vita. Sottile, possibilmente.
Voglio guarire il mio cuore infranto, voglio parlarvi di anziani con evidenti problemi di udito che urlano nei bus, di donne pakistane in costante collegamento telefonico con Islamabad che puliscono corridoi ridendo e cianciando o di tutte le puntate di "Law and Order" dove il furfante di turno riesce a farla franca rifugiandosi a Beirut o facendo lavori per la comunità.
Voglio scrivervi, ma voglio scrivervi lettere di gioia. Per quanto a "gioia" io sia tuttora messa male.
Ma forse più ti concentri sulla disgrazia, sulla fine di qualcuno o qualcosa, allora potrai più difficilmente riavere un inizio, o semplicemente essere capace di dare vita a qualcosa.

Voglio di nuovo provare la sensazione di leggerezza ed euforia che avevo quando aprì questo blog. Trovare il sorriso e scavare di nuovo in tutto quel mio mondo fatto di sarcasmo, novità, e stupore. Frugare nei meandri della mia vita scoprendo nuovi angoli nascosti dove brandelli di esperienza si erano accumulati solitari. 
Qui ormai tutto si riduce a Peaches Geldof e me. Alla sua morte e alla mia Sindrome da Cuore Infranto.
O si muore o si prendono dei beta bloccanti.

Ricorderò questo mio amico elettronico, ricorderò le lacrime e le risate, l'attesa trepidante di consenso, le critiche sedate con affabile diplomazia, l'amore riversato tra le righe. Ricorderò anche le pagine non scritte, quelle piene di aspettative. E soprattutto ricorderò i bestemmioni per il via vai della connessione. Bestemmioni che mi stanno accompagnando anche ora, Madonne che volano manco fossimo a Gatwick.

E per l'ultima, struggente, volta vi lascio il mio insegnamento: fate quello che volete.
Fatelo con umiltà, con attenzione, ma fatelo. Non abbiate rimpianti, non pulitevi i piedi sul cuore di qualcuno, non piantate le vostre mani nello stomaco di chi amate, abbiate cura della vostra mente e del vostro corpo (sì i ciccioni sono simpatici e rubicondi, ma tra John McEnroe e John Candy è meglio tentare di essere come il primo sedato da qualche pillola di Xanax) cercate di essere sinceri verso voi stessi ma non all'esasperazione. Siate chiari. Fate sesso. Ricordate sempre il passato.

A te, fratello telematico, va il mio sempiterno ringraziamento. E anche a tutti voi, delusi neofiti, vecchi appassionati, stanchi detrattori, lo spettacolo è finito, si spengono le luci.
La vita va avanti.
La morte anche.