martedì 27 marzo 2012

Da quassù la Terra è bellissima. Da quaggiù un po' meno.

Nel 1968 moriva Jurij Gagarin. Non sto nemmeno a perdere tempo per spiegare chi fosse, andate a cercare Via Gagarin nella vostra città e leggete la scritta sotto il nome. Di solito è "cosmonauta russo".
Oggi il caro Jurij è il nostro (rullo di tamburi) morto del giorno!
Dopo aver solcato le infinite vastità dello spazio, aver visto le stelle e osservato la terra da lassù, il caro Jurij, alla vigilia del suo secondo viaggio nel cosmo, si va a schiantare in una città russa dal nome impronunciabile con un MiG.
Gagarin era un tipo fico. Riconosciamolo. E secondo me, la butto lì, pure romantico. Mentre si trovava lassù, in orbita, poetava"Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini". Doveva essere un tipo alla mano, fu anche il presidente della federazione russa di rugby, aveva due bambine e dei bellissimi occhi chiari. Ma, c'è sempre un ma.
Due fratelli italiani, i fratelli Judica Cordiglia (di Montezemolo probabilmente) mettono in dubbio il fatto che Jurij sia il primo uomo nello spazio. Questi due radioamatori riuscirono a catturare voci di altri cosmonauti anteriori a Gagarin, perduti e dimenticati dalla Grande Madre Patria Russia in giro per lo spazio. I due fratelli giurano di aver sentito battiti del cuore, urla disperate provenire da lassù, da quel cielo bastardo che alla fine ha tradito anche Jurij.
La lezione di oggi è che puoi anche arrivare a toccare le stelle ma prima o poi dovrai scendere. Magari fallo pianino.

Quando si dice la sfiga. La gente muore tutti i giorni e io son qui a scervellarmi per proporvi la seconda storia di oggi. Potri parlarvi di un altro Yuri, di mia zia Ione che sfamava il suo tumore con lo zucchero, del povero Buddy Holly, ma per oggi mi sento la testa già piena di voci ronzanti dallo spazio.
Diciamo allora che a volte basta un morto al giorno per levarvi la vita di torno. Almeno per un po'.

lunedì 26 marzo 2012

Centauri del Sesso, Droga e Rock'n'Roll.

Oggi parliamo di scelte di vita autodistruttive. Vi posso assicurare che in quanto scelte sbagliate potrei scrivere un manuale, la cui grandezza volumetrica non eguagliarebbe quello che potrebbe scrivere Ozzy Osbourne ma sarebbe di sicuro di assoluta pregevolezza. Non so invece cosa potrebbe scrivere a riguardo il nostro morto del giorno, tale Greg Centauro.
Greg Centauro faceva il pornoattore ed era nato a Marsiglia nel 1977. Ora, io non proverei MAI a  contraddire o maltrattare un pornoattore marsigliese, viste anche le sue doti (non chiedetemi come, le donne non guardano questo genere di cose) ma pare che la sua compagna di qualche anno fa, tale Blue Angel (noto nome da imprenditrice del porno) gli avesse spezzato il cuore gettandolo in un vortice di depressione. Il povero Greg è morto l'anno scorso per overdose in quel di Budapest. Su di lui non è che posso scrivere un trattato, pare fosse anche un regista affermato e che ricevesse anche copioni dagli States, che per un pornoattore europeo vuol dire un sacco. Come Benigni agli Oscar per capirci.
La lezione di oggi è che anche un pornoattore può morire d'amore.

La povera Amy Winehouse invece se n'è andata a luglio, il giorno del compleanno di mio padre.
Ricordo che a dirmelo è stato un mio amico, in chat su Facebook. L'ha fatto con delicatezza e sensibilità. Appena accertato il decesso mi sono affacciata alla finestra della mia sala, ho cominciato a piangere e urlare "PERCHE'??????????????????". Non avevo notato gli sguardi attoniti dei miei vicini di casa filippini, i Domingo, che osservavano sbigottiti dalla loro terrazza.
La povera Amy è morta di quello che chiamano "stop and go", ovvero l'assunzione massiccia di alcool dopo un periodo di astinenza totale. E qua si parla di litri di Vodka, l'acqua malvagia.
Probabilmente morirò come la povera Amy, rotolandomi sul pavimento con una boccia di Vodka tra le mani. O forse no. Io non pratico lo "stop and go", solo "go" per ora.
La lezione che insegna Amy è che a volte le abitudini sono dure a morire. Noi non altrettanto.
La lezione che v'insegno io oggi non riguarda la morte, tutt'altro. Se bevete Vodka e dite/fate cazzate è altamente probabile che ve ne pentiate. Sempre che siate ancora vivi.
Bevete responsabilmente. Possibilmente lontano da me.

lunedì 19 marzo 2012

Lettera ad un professore morto.

Caro professor Capitani,

Se n'è andato nella notte di S. Patrizio. Quasi a commemorare tutti quegli spritz pomeridiani che beveva in tranquillità davanti a Santo Stefano contemplando chissà cosa, in un passato lontano.
Mi ricordo di Lei quel primo giorno a San Giovanni in Monte, quello in cui dovevo farmi valere con un'insegnante Isterica ma ne ricavai solo urla. Lei mi protesse, mi tranquillizzò. Poi scoprì che Lei e l'Isterica eravate, ehm, molto amici.
Ricordo le sue lezioni, basate sul poker, i negozi d'antiquariato, le messe degli anni '40. Sul giusto prezzo o il concetto di usura, mi dispiace, non ricordo pressochè nulla. Mi viene invece in mente quella giornata di almeno 7 anni fa in cui lei rincorreva con un ombrello un piccione che era entrato nel nostro corridoio. La cosa più bella era che il suo soprannome era proprio "Il Piccione".
Ora come faremo? Dove lascerà i suoi occhiali stile geometra Filini? Come farà ad urlare alla sua colf che i soldi sono sopra il frigo?
C'è una cosa che le voglio raccontare. Una volta, tanti anni fa, me ne andai in vacanza in Corsica. Lì conobbi una signora sui 45 anni, insegnante, che viveva a Milano. Mi raccontò degli anni a Bologna, quelli dell'università. Io le assicurai che nulla era cambiato. E nominai Lei. Gli occhi della signora s'illuminarono. Si ricordava di un esame insieme a Lei e del suo buon cuore. La signora aveva appena perso il padre e tutto ad un tratto studiare non le appariva più così necessario, non aveva più nessuno a guidarla e così durante l'esame tutto quel nodo di dolore arrivò in superficie sotto forma di pianto. Lei la rincuorò, le porse un po' d'acqua e la convinse che studiare, arricchirsi culturalmente, proseguire un cammino, era la priorità. Il dolore si sarebbe placato. Me lo disse piangendo, sulla spiaggia in una bella mattina.

Grazie professor Capitani,

Si diverta in paradiso a dialogare con Tommaso d'Aquino mentre sorseggia uno spritz, starà spiegando agli angeli la teoria del giusto prezzo. Almeno si faccia portare le patatine.

Una sua alunna.

"Suggerimenti, correzioni, proposte saranno non solo accolti, ma graditi: in spirito di collaborazione e non di sterili polemiche."
Ovidio Capitani.

domenica 18 marzo 2012

La fiera del Caro Estinto e le Red Bull.

Capitava nei momenti morti del mio lavoro in un ufficio stampa che leggessi di straforo qualche bella rivista. La migliore era "IL", inserto mensile de "Il Sole 24 Ore". In un numero particolare scoprì l'esistenza del Salon de la Mort, importante fiera sul mercato funerario mondiale con uno sguardo accurato su quello francese. Meditai per settimane di volare a Parigi nel periodo del salone, sognai di potermi accreditare come giornalista e scorrazzare tra bare, urne e psicologi addetti all'elaborazione del lutto. Nulla. Il salone fu cancellato e io tornai a lavorare triste.
Ma poi, proprio uscendo dall'archivio di stato il giorno di San Patrizio, ancora sobria, m'imbatto in un volantino del Tanexpo. Ora, ragionando all'inglese, pensavo che il "Tan" di "Tanexpo" si riferisse all'abbronzatura. Già vedevo i loschi individui di Jersey Shore entrare e scorrazzare tra docce solari, lettini e flaconcini di autoabbronzante. Non ragionavo in greco, al dio che personificava la morte, Tanato o Thanatos. Ed eccomi servita, una fiera della morte in Italia ma non solo, anche nella mia città, Bologna. Ovviamente le mie speranze di parteciparvi si sono infrante davanti al fatto che è solo per "professionisti del settore". Perché, io cosa sarei?
Comunque per fortuna c'è Tanexplora, evento collaterale a Palazzo Re Enzo, con corsi di formazione, percorsi d'arte, desk informativi e chi più ne ha più ne metta. Fateci un salto prima che sia troppo tardi.

Del resto, di domenica, c'è poco di cui parlare a parte il decesso del signor Red Bull, di cui non so nulla. Ma una cosa, mentre il signor Red Bull vola in cielo o scivola agli inferi, vorrei raccontarla.
A settembre avrò 30 anni.
Il che non mi destabilizza più di tanto, a parte il fatto che la nanezza che mi contraddistingue e lo spudorato uso di Converse al posto di tacchi alti 20 cm, mi fanno sembrare sempre una tenera 18enne. A 29 anni-quasischifosamente-30, non avevo mai bevuto una Red Bull. Mai. Ho lavorato un montante ore complessive di 2.897.658 al Motor Show e non ho mai assaggiato una Red Bull. Ho scritto tesi di laurea fino a notte fonda, sofferto per amore strazionadomi di lacrime per giorni fino a raggiungere uno stadio larvale, fatto party che non inizavano mai per poi non finire mai e in tutto ciò NON HO MAI BEVUTO UNA RED BULL.
Fino al gennaio 2012. L'ho fatto. L'ho bevuta.
E mi ha fatto cagare, Mr Red Bull.
Riposa in Pace. Sempre che tu riesca a riposare con tutti gli anni di Red Bull che hai nel corpo.

venerdì 16 marzo 2012

Sean Bean muore sempre (post introverso)

Dev'essere senz'altro il mio destino. Anche in campo cinematografico, la morte accompagna ogni mio sexy pensiero. Come ogni donna sui trenta che conduce una meravigliosa e vitale relazione sentimentale da 8 anni, è normale trovare nei divi di Hollywood uno sfogo ormonale degno di essere tale. Ora, se fossi una normale donna sui trenta avrei aperto un blog su scarpe o vestiti impestando tutti i post con facce di Audrey Hepburn o borse low cost e avrei il poster di Patrick Dempsey attaccato alla porta dell'ufficio o troverei Brad Pitt irresistibile; siccome sono una donna sui trenta e ho un blog che parla di decessi e riti funebri è assolutamente sintonico che il mio attore preferito sia Sean Bean.

Sean Bean è un uomo meraviglioso e vivo. Nella realtà. Nella finzione cinematografica infatti vanta il primato singolare di morire in 22 film. E non parliamo dei telefilm. Chi lo conosce come Ned Stark di "Game of Thrones" sa che la morte gli evita la stagione 2 dell'acclamatissimo serial. Morti assurde, come morire schiacciato da un'enorme antenna satellitare, morti dolorose, come essere sepolto vivo e deliranti come morire nudo nella neve. Morire. Nudo. Nella Neve. Un video pieno di spoiler ve lo dimostra.
Ancor più delirante è il fatto che in film come "Silent Hill", dove CHIUNQUE morirebbe dopo il primo minuto, Sean ce la fa, incredibilmente qualcuno gli dice di tornarsene a casa e tutto finisce per il meglio.


Gustatevi dunque il video di tutte le sue morti proprio qui sopra.

Del resto il mio cantante preferito è Freddie Mercury (morto), la mia scrittrice preferita Agatha Christie (morta) è dunque un miracolo che almeno il mio attore preferito sia carnalmente vivo. Vi giuro che mi piacerebbe tanto ascoltare i Modà, leggere Moccia e adorare Scamarcio (è ancora di moda?), ma la cosa non cambierebbe, a quel punto sarei Morta Dentro.

giovedì 15 marzo 2012

Le Idi della Morte

Siamo a metà marzo, gli uccelli cinguettano, i fiori sbocciano e la gente muore.
Sinceramente non ricordo quando ho cominciato a meditar su ciò, sulla morte, su tutta questa morbosa questione. Ma so di certo che, come in uno spot Vodafone, la morte è tutta intorno a noi. Per esempio ieri, mi reco in una ridente cittadina di ben 13. 222 abitanti (almeno 2/3 erano non-morti) di nome Soliera e bam! Un bel funerale, una meravigliosa autofunebre dell'Audi color grigio metallizzato, gente commossa e anziane appagate. Dovevo stare in quel buco dimenticato dalla civiltà solo pochi minuti, una mezzora al massimo. Ma un funerale era lì ad aspettarmi. Chiamarla "fatalità" è d'obbligo.

Continuando con i nostri soliti discorsi, ricordiamo i nostri antenati scomparsi, che oggi più che mai son di una croccantezza prelibata. Nomi del calibro di Caio Giulio Cesare e Odoacre.
 Potenti, famosi, morti in modo deprecabile.

Il povero Cesare, seduto sul suo seggio in senato, tutto agitato, non stava per niente benino, si vede arrivare Publio Servilio Casca Longo (probabilmente antenato della contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare in lunghezza di nomi e cognomi) e si aspetta richieste improbabili, scartoffie. Ma il Casca, a cui trema la mano, è insicuro, si piscia sotto, ferisce Cesare al collo. Cesare si gira e fa: "Scelleratissimo Casca, che fai?". Io l'avrei buttata su un "Vaffa" generale, ma Cesare nostro non fece in tempo. Ventitre coltellate lo trafissero, i congiurati non furono a livello dei novelli Erika&Omar, ma si diedero parecchio da fare.
Non che Cesare non avesse avuto dei presagi a riguardo, anzi. La letteratura è piena di segni premonitori uno peggio dell'altro: la moglie Calpurnia che sogna il marito morto, Cesare che fa un sacrificio e non trova il cuore della vittima (chiaro segno di malaugurio), uccellini sbranati da altri uccelli proprio nella Curia di Pompeo.
La lezione di Cesare è: se non stai bene stai a casa, se sogni solo sfighe, emigra.



Odoacre, re barbarico, aveva militato sotto Attila, aveva un gran fegato, ma si dovette sottomettere a Teodorico, si arrese a patto che non gli fosse fatto nulla. Ma Teodorico, che era un po' bastardo ma era di gran lunga il più fico degli ostrogoti, durante un bel banchetto strangolò con le sue manine Odoacre e diede l'ordine di uccidere anche tutta la sua famiglia.
La lezione di Odoacre è: non sederti a tavola con uno che ti vuol ammazzare anche se ha giurato di non farlo.

Del resto parliamo di uomini di un passato lontano, quando ci si ammazzava in allegria e senza troppi sensi di colpa. Rimpiango quei tempi.

mercoledì 14 marzo 2012

Nonno Vittorio e Nonno Giovanni

Mio nonno Vittorio aveva gli addominali. E' un ricordo che ho fin da bambina. Lui al mare che fa la settimana enigmistica, lui che si cosparge di olio al cocco protezione solare -12, lui col suo slippino giallo che m'insegue sul bagnasciuga per infilarmi i granchi morti nel costume. Dove si fermano i miei ricordi cominciano quelli più belli che custodisce mia madre: io che vomito in testa al povero nonno, io che gioco con lui ai giardini, io minuscola, appena nata, e lui che mi tiene in braccio. Questo era MIO nonno, quello che conoscevo di lui. Con il passare degli anni gli addominali sono scomparsi, il divano e le partite di tennis in tv erano i suoi compagni, l'orto che curava con amore e sapienza di un vecchio, le piante di cui conosceva tutti i nomi e i colori erano tutti spariti. I suoi occhi persero colore, la sua testa perse la bussola. Mio nonno è morto ad 86 anni il 3 marzo 2007, pesando 38 chili. Al posto degli addominali ora spuntavano le costole.

Mio nonno Giovanni invece non era mio nonno. Ho sempre e solo avuto 3 nonni: mio nonno Vittorio, Mia nonna Satana e mia nonna Concetta, la Single per scelta. Non dico che soffrissi ad avere un nonno in meno, ma volevo assolutamente che mia nonna trovasse un vecchietto a posto e se lo sposasse. Ma qui ero nel campo dell'irrealizzabile, convertire il papa allo zoroastrismo sarebbe stato più semplice.
Andando nell'orto comunale con nonno Vittorio conobbi tanti altri adorabili vecchietti (adorabili per una bimba di 8 anni, per una trentenne i vecchietti sono adorabili come carta vetrata sulle natiche) tra cui il caro Giovanni. Mi faceva sempre divertire, prendevo l'innaffiatoio e bagnavo tutti i pomodori, sniffavo quintalate di verderame e tornavo a casa tenendo la mano al mio nonno Vittorio e al mio nuovo nonno, nonno Giovanni. Ora che avevo 4 nonni come tutti i bambini che conoscevo, potevo concedermi una vacanza e rilassarmi. Una sera, ricordo bene, ero in terrazza nella casa di mia nonna la Single a Zocca. C'era una festa, ero tutta carina e ben vestita. Era un week end, c'erano anche i miei genitori. Ogni tanto giravo la testolina e li vedevo intenti a confabulare. Ad un certo punto mia madre e mio padre si avvicinarono, si chinarono e mi dissero "Fede, il nonnino Giovanni purtroppo non c'è più". Non dissero altro e altro non volli sapere.
Fino a qualche anno fa.
Alla domanda: "Mamma, ma il nonno Giovanni com'è morto? No, sai sono grande e lo voglio sapere, son curiosa, poverino, un ictus? un infarto?" la risposta fu magnifica.
"Ah, il nonno Giovanni, cosa vuoi, era sordo. Un giorno è andato a raccogliere i radicchi lì, vicino alle rotaie del treno, e sai, un radicchio qua e uno là, si è messo sulle rotaie e sai, non ci vedeva granchè, non capiva, comunque ha fatto presto: è arrivato il treno e gli è passato sopra, così nnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeemmmmmmmmmmmm
(suono  onomatopeico richiamante un grande oggetto in movimento accompagnato dal gesto della mano che simula l'impatto). Mia madre sembrava anche entusiasta della descrizione. Io avevo la mascella sbarrata e l'orrore negli occhi.
La lezione di oggi è: i radicchi si comprano, i treni si prendono in stazione.

lunedì 12 marzo 2012

Dammi tre parole: sole, cuore, muore.

E' arrivata inesorabilmente la primavera, palpitante di vita, colori e freschezza. Lo so, rende triste anche me.
Le passeggiate con mia madre procedono, gli argomenti non cambiano: urne, testamenti. E giuro che non sono io a cominciare i discorsi.
Mentre mi piazzavo su una panchina, al sole, pensavo al morto del giorno: l'imperatore Eliogabalo.
Tipino croccante il nostro Elio che visse nella prima metà del III° secolo dopo Cristo foraggiato dalle ambizioni della mamma Giulia Soemia e dalle cure assai poco ortodosse della potente nonna Giulia Mesa.


Le colpe di Elio furono tante, non saprei da dove cominciare: imporre ai romani il culto unico di El-Gabal, Deus Sol Invictus ("Dio Sole Invitto"), quando i romani sono suscettibili come gatti sul tema "A' Giove maggico primo tra gli ddei", non è stata una gran mossa da faina;  strani comportamenti sessuali che i senatori romani non capivano bene essendo retaggi orientali (prostituzione sacra, rapporti omosessuali, orge e castrazione. CASTRAZIONE, sì) e il farsi chiamare "La moglie di Ierocle", truccandosi come una sgualdrina sono solo alcune delle mosse poco vincenti di Eliogabalo. L'arrivo sulla scena del cugino Alessandro, di ben altra tempra, lo fece diventare sospettoso: il fatto che la nonna Giulia Mesa capisse che Elio avrebbe fatto meglio ad occuparsi dei suoi giochini sessual-religiosi invece di fare l'imperatore, fece sì che il caro cuginetto fosse associato al trono. A Elio venne un sospetto. E si sa, il sospetto uccide.
Così, disfunzionalmente e senza una ragione logica, Eliogabalo sparse in giro la voce che il cugino fosse morto. Si aspettava qualche reazione, poca roba, "sono l'imperatore, amano me mica lui". Invece i soldati romani piansero, si strapparono i capelli e, altrettanto disfunzionalmente, s'incazzarono. Nasando lo scherzetto, la guardia pretoriana intimò all'imperatore e a suo cugino Alessandro di presentarsi presso il loro accampamento. Alla vista di Alessandro vivo e vegeto, la guardia pretoriana festeggiò e lo acclamò. Elio si offese. Strepitando, ordinò che tutti coloro che acclamassero Alessandro fossero arrestati e uccisi. Ora, riflettiamo. Tu sei quello odiato, preso per il culo perchè ti trucchi e adeschi omaccioni biondi che girano in biga: come pretendi che i soldati della guardia pretoriana, che hanno appena acclamato tuo cugino, si autoarrestino e si facciano fuori? Eliogabalo e sua madre furono uccisi dai soldati e la faccenda si risolse così. Che brutta primavera.
La lezione è importante: se sei ambiguo e pretendi di cambiare le abitudini dei tuoi sottoposti puoi finire ammazzato. Non c'è Sole Invitto che tenga.

Ma mia madre mi riporta all'ordine e, mentre scendiamo dalla dolce collina che ci ha cullato al sole primaverile,  mi ricorda di un'altra morta eccellente: sua zia Ardea.
La cara zia Ardea è morta nel 2006 di quello che mia nonna e mia madre si ostinano a chiamare "vecchiaia". Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa: ictus, infarto, sifilide, morbo di Stepanzuger. Ma la zietta Ardea "ardeva" per davvero. O almeno ardevano i termosifoni a cui legò il marito, lo zio Bruno, perché, in un momento di pura follia, le era sembrato giusto. Non contenta chiamò le sorelle, a turno, pronunciando sempre la stessa frase: "Vieni ben qua che picchiamo Bruno!". Nessuna delle sorelle era così annoiata da andare da lei, una di loro, mia nonna, chiamò mia madre in lacrime per raccontarle cosa le aveva detto l'Ardea. Lacrime che si univano a quelle di mia madre: entrambe non riuscivano a smettere di ridere a crepapelle. E Bruno rimase lì per un po'. Per l'ilarità di tutti.

Bruno morì nel 2000, per fortuna non attacato ai termosifoni. Mia zia lo seguì sei anni dopo. Dicono si amassero un sacco.

venerdì 9 marzo 2012

Gli ultimi pasti e i Funeral Party

Oggi si ricorda la cara Caterina da Bologna, santa purosangue bolognese del 1400 che morendo pronunciò 3 volte il nome di Gesù e fu forse grazie alla dilui intercessione che, dopo che il cadavere fu sotterrato nella nuda terra per 18 giorni, fu riesumata bella intatta e profumosa.

Cominciando con la santa morte del giorno spero di lavarmi l'anima da tutto il blasfemo gossip subito ieri al Funeral Party a casa di mia madre.
Formazione: io, mia madre, la mia vicina di casa 80enne e Francesca la figlia della signora Paola, morta qualche giorno fa. Perchè un Funeral Party sia poco costoso, raffinato e divertente gli ingredienti sono pochi ma essenziali: una signora di una certa età piena di aneddoti sadomaso-erotici di tutti gli abitanti del quartiere, una ragazza spontanea che ha voglia di ridere dopo un lutto improvviso ed immenso, una donna in pensione con un servizio di tazze da tè barocco nel quale versare fiumi di cioccolata calda e panna montata e la figlia che fa battute importune. Da lì il gioco è fatto: preti vogliosi con problemi di penetrazione spirituali, pie donne perforate dallo spirito divino, altre pie donne che forse erano state cresciute nel Reich, scorribande di liceali e ricordi agrodolci. Ma soprattutto preti vogliosi.

A New York invece la notizia più cool è che il mercato immobiliare si muove: niente più attici su Central Park o loft bohoo chic, nossignore, la nuova richiesta è di case vicino a cimiteri. Svegliarsi il mattino e affacciarsi sulla tomba di John Doe, sentire gli uccelli cantare e oh! in lontananza una vedova che piange. La colazione dei campioni insomma.

In termini di colazione e pranzo e cena (ho una fame tremebonda, scusate) la cara e buona Frankie Montanarovic mi segnala un tour fotografico sugli ultimi pasti dei condannati a morte americani. (http://www.repubblica.it/persone/2012/03/08/foto/l_ultima_cena_le_volont_alimentari_dei_condannati_a_morte-31124913/1/?ref=HRESS-4)
Che dire, gli americani non si smentiscono mai: patate fritte, gamberi fritti, pollo fritto, VONGOLE FRITTE (anche le vongole, mio Dio, non c'è proprio più religione). Quello migliore potrebbe essere Victor Feguer che come pasto chiese solo un'oliva con il nocciolo. E magari gli facevano cagare le olive. Ma i latinoamericani si distinguono: Angel Nieves Diaz addirittura rifiuta i pasti prima dell'iniezione letale. Ricky Ray Rector tenne il pezzo di torta "per dopo". La lungimiranza era una sua dote, evidentemente.

Tra Funeral Party bolognesi, case newyorkesi e detenuti spiritosi c'è solo una lezione da imparare: la torta bisogna mangiarla "prima" di morire, non "dopo".

mercoledì 7 marzo 2012

La Morte Privata vs La Morte Pubblica.

Capita che mentre scrivi un blog sulla morte, questa si affacci prepotentemente sulla tua vita privata. La falce del triste mietitore si è data parecchio da fare in queste settimane.
Mentre cammino con mia madre in una bella giornata di inizio marzo, passiamo davanti ad una chiesa le cui campane suonano a morto. Ora, serve che io spieghi brevemente a voi come mia madre si misura con la morte. Non c'è telegiornale o piazza televisiva dove non trovi, in mezzo a mille volti, un presentatore "troppo emaciato", un giornalista con "il volto della morte", un passante "dall'aria troppo mesta" per poi emettere lo stesso verdetto per tutti e tre: "quello lì muore presto". Inutile dire che mia madre non ci ha mai azzeccato, giornalisti del tg 5 dati per spacciati godono di ottima salute e la maledizione del presentatore "troppo emaciato" è scomparsa con l'arrivo di Gerry Scotti. Mia madre sguazza nelle disgrazie come un maiale nel guano, ama sentirsi utile e crogiolarsi nel dolore come una prefica.
Torniamo a quella bella mattina di inizio marzo. Le campane suonano un triste ritornello e il gruppo di persone che entrano nel sagrato della chiesa è eterogeneo: ragazzi di 30 anni, signori anziani, donne e ragazzine. Mia madre sentenzia subito che a morire è stato uno giovane. Per lei "uno giovane" è un termine che varia a seconda della sua età che avanza, ai suoi 50 anni un coetaneo era "uno giovane", a 60 un amico continua ad essere "uno giovane". Cominciamo allora a parlare dei lutti della settimana.
Il sabato era morto il coriaceo Franco che di anni ne aveva 80 ed era il suocero ( o lo come preferite, odio la parola "suocero") di mia sorella. Esequie tra familiari, mentre i ladri entravano in casa di mia sorella, svaligiandola.
Qualche giorno prima era morto il caro amico di mio padre che io conosco come "Degli Esposti". Solo la settimana prima, parlando di pubblicazioni storiche, mio padre sperava che ce la facesse a finire un pezzo per un libro. Purtroppo no.
A completare il quadro la dipartita della nostra vicina di casa, la signora Paola. L'avevo vista solo qualche giorno prima della sua morte e mi aveva detto "Federica, come sei bella! Ti vedo proprio bella e felice!", con quella sua voce roca che le aveva regalato il soprannome "L'Esorcista". Al suo funerale mia madre non faceva altro che istruirmi sulle sue future esequie, ponendo l'imperativo categorico della non celebrazione della comunione.
Così, sedute sulle panchine di un bel parco, guardiamo l'infinito. "Mamma"-prego sottovoce-"piantiamola di parlare di morti, ecco, per esempio, guarda l'eremo di Tizzano, lassù che meraviglia". Le indico l'eremo, in mezzo alla pace, scagliato contro un cielo azzurro pieno di speranze e carico di promesse. Lei mi guarda, guarda la chiesetta e dice "Sì, ma vedi la natura intorno che è tutta morta?".
Inutile.
In quei giorni se n'è andato pure Lucio Dalla. Non voglio parlarne. Ma voglio parlare delle millemila persone che si sono messe educatamente in fila per salutare un buon cantante ed il suo toupet. Gente con sciarpe del Bologna, con una rosa in mano, gente innamorata che cantava le sue canzoni, gente che ci era cresciuta o che semplicemente l'aveva salutato qualche volta. E' morto a Montreaux, in Svizzera, dove di solito svernava il buon vecchio Freddie Mercury o la cara Audrey Hepburn. Per Lucio, funerali in pompa magna con tanto di vescovi censori, omaggio del Bologna Footbal Club, omaggio dalla Virtus Bologna, omaggio da parte di tutti i bolognesi. Sarà, ma mentre sabato 3 marzo si preparavano tutti a dare l'ultimo saluto al caro Lucio, io pensavo che 5 anni prima era morto un anonimo vecchietto che mi aveva preso il cuore, il cui nome era Vittorio.
 Ma questa è un'altra storia.


venerdì 2 marzo 2012

Certe volte sposare un re fa perder la testa. Allora, meglio single.

La piccola Anna Bolena, che tutti conosciamo come seconda bramatissima moglie di Enricone VIII, è stata per molto tempo una figura controversa e difficile da capire. C'era chi la chiamava "la puttana reale", chi le dedicava poesie apostrofandola come "damigella giovane e fresca" e chi aveva un assoluto bisogno di vederla morta (un codazzo assurdo: Eustace Chapuys, ambasciatore dell'imperatore Carlo V, Thomas Wolsey consigliere del re e dopo di lui Tommaso Moro e Thomas Cromwell). In realtà Anna Bolena non fu quella gran ninfomane di cui tutti fecero un gran parlare. La realtà è che, ancora una volta, Enrico VIII, non vedendo arrivare l'erede maschio e avendo incontrato una giovincella di nome Jane Seymour, decise di dichiarare nullo anche questo matrimonio. Solo qualche anno prima, nel 1533, la cara Anna aveva impalmato Enrico e ora, 3 anni dopo, si trovava così vicina al ceppo del boia da sentire quasi l'odore del legno. Il buon re dovette escogitare un metodo per liberarsi da Anna, che non era una gran donnaccia ma era lievemente isterica (forse qualche aborto e qualche dissapore con il popolo non l'aiutavano di certo) e costantemente in apprensione per il suo futuro (non a torto), così Enry, da quella gran volpe che era, tirò in ballo nientepopòdimenoche la stregoneria. Annina cara aveva sei dita in una mano e parecchi nei sparsi per il corpo, chiari segnali del diavolo (chiamatemi Satana, ogni anno la mappatura dei nei mi toglie 100 euro dalle tasche e tira fuori il peggio di me) ed inoltre si vociferava avesse tradito il re parecchie volte, addirittura con il fratello, George Boleyn. Se ne andarono tutti sul ceppo, come una sfilata di moda, uno dietro l'altro persero la testa davanti ad un parterre festante.
La cara Anna aveva dato solo una figlia al re, come la cara Caterina d'Aragona che la precedette ma che fu molto più amata anche se con gli anni era diventata un botolo stile Antonella Clerici e non facesse altro che raccomandare l'anima al Signore. Niente maschi = matrimonio nullo.
Anna andò al patibolo nel maggio del 1536. Come ultimo dono alla consorte, Enrico fece chiamare un boia francese che con un sol colpo di spada le fece saltare la testa. Lei, che inevitabilmente aveva sbroccato nei giorni precedenti, se ne andava assicurando di avere un collo sottile e che sarebbe finito tutto in un attimo. Zac.

La figlioletta di Enry e Anna fu Elisabetta, una delle sovrane più potenti, amate e filmografate di tutta Inghilterra. Enrico VIII si ostinava a volere un erede maschio e il destino l'ha ben beffato. Non solo visse fino a 70 anni, ma governò in modo maschio e allo stesso tempo ingentilì un paese rude e virile.
La cara Bess ebbe una vita costellata di successi, l'aver sconfitto l'Invincibile Armada la dice lunga su due fatti: A) Mai chiamare Invincibile una cosa vincibile. Come chiamare Immortale il successo dei Modà. Bisogna essere sinceri e capire i propri limiti. B) Elisabetta, a differenza del padre, aveva condotto una politica militare soddisfacente per una regnante.
Enrico VIII tagliava teste e si sposava, passatempi comprensibili (catechizzare aironi o parlare con un ficus sarebbe stato altrettanto valido suppongo) ma la piccola bambina Bess aveva sopportato la perdita della madre a soli 3 anni e aveva assistito agli altri quattro matrimoni del padre che prevedevano anche un fratello e una sorella alquanti molesti, mogli ragazzine decapitate e troppo poco affetto paterno. Fu questo, forse, che la indusse a non sposarsi mai e a non figliare. Morì in un modo fantastico: fu colta da una brutta depressione, si lasciò andare e dicendo "Chiamatemi un prete, ho intenzione di morire" morì per davvero nel 1603.
La lezione è : meglio sola, ricca e potente che maldecapitata.