sabato 13 luglio 2013

La Posta del Cuore: Abelardo ed Eloisa

Capita che nella vita, sventuratamente, ci s'innamori.
O perlomeno che ci si arrivi vicino, tanto da sfiorare quel momento d'inesplicabile gioia che dipende da altro rispetto a noi stessi. Fosse anche un dannatissimo Magnum al cioccolato bianco.
Capita dunque che si perda la testa, la cognizione anche minima dei classici doveri giornalieri. Ci si perde in un mondo di nebbia rosa e cuoricini svolazzanti. Salvo poi sbattere il muso a terra alle prime avvisaglie di quelli che sono i pericoli e le insidie dell'amore.
Oggi mi dedicavo all'edificante lettura di un settimanale femminile consigliatomi dal mio edicolante del venerdì sera (quello a cui di solito chiedo L'Espresso e che di solito mi suggerisce Gioia o Grazia o Rakam - Speciale punto croce) e rabbrividivo.
Leggevo la lettera sconsolata di una giovane 22enne che si lamentava che il suo ragazzo 23 anni non le dicesse mai "Ti amo", a lui bastava dirle "se son qua vuol dire che ci tengo, no?". Abbastanza agghiacciata dalla dimostrazione d'affetto maschile, dolce come la classica Kleenex di carta vetrata sui genitali, leggo la risposta dell'esperta (la qualifica di esperta mi basisce sempre un po': esperta de che? De limoni in macchina? Di amore coniugale over 50? Fanno dei corsi da "Esperta di posta del cuore"? Fosse per me risponderei a tutte, sempre, con raffiche di link di Pornhub)
L'esperta consiglia di "educare" il fidanzato al romanticismo a suon di film, libri, letterine d'amore.
Allora, manco un Dobermann potrebbe patire tale "educazione", andrebbe soppresso per i latrati da sofferenza dopo il primo film con Julia Roberts. Ma poi, perchè "educare" qualcuno a qualcosa per cui non si è portati? Sarebbe come provare ad educare Paris Hilton all'uso delle mutande.



La verità è che le letterine d'amore funzionano quando si è separati, lontani.
Come facevano quei due gagliardi di Abelardo ed Eloisa.
Lui, giovane figo chierico dalla carriera illustre di teologo, lei giovane pischella intelligente e colta quanto basta per essere donna nel 1116.
La storia comincia con lui che fa da precettore a lei, da cosa nasce cosa, baci di qui, baci di lì, una mano su una tetta e tac! Eloisa e Abelardo si amano illecitamente, scappano, si sposano in gran segreto, ma per evitare scandali, derivati soprattutto dal fatto che Abelardo nella sua condizione di chierico non potesse contrarre matrimonio, quest'ultimo decide di allontanare Eloisa mandandola in convento.
I parenti di lei non gradiscono questa sorta di "ripudio" e pensano bene di evirare Abelardo.
 
Così, i due sventurati amanti, passano il resto delle loro vite lontani l'uno dal corpo dell'altro.
Ma Eloisa, sempre perduta nell'amore per Abelardo, gli scriverà struggenti lettere d'amore ricordando i tempi della loro grande passione.
A lei mancava quel "momento d'inesplicabile gioia che dipende da altro rispetto a noi stessi".
A lui mancava soprattutto il pene.
Abelardo la riporta ai suoi doveri di badessa, le ricorda di pregare e studiare, di smettere di rivangare quei momenti (tutti quei turbamenti sessuali dovevano agitare il moncherino del povero chierico stile coda mozzata di un boxer felice di vedere il padrone).
Lei allora, mordendosi le labbra dal pianto e dal desiderio, gli scriverà le righe più forti che una donna possa scrivere ad un uomo:
«Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d'amore che si prova verso un'altra persona?»
Da quel momento smetterà di scrivere al suo amato. Per orgoglio, per rabbia o forse solo per rassegnazione.
 
Abelardo dopo la sua morte verrà sepolto nel monastero di Eloisa, che a sua volta esprimerà il desiderio di essere sepolta col suo amato al momento della sua morte. Leggenda vuole che al momento dell'inumazione di Eloisa, le braccia del cadavere di Abelardo si schiudessero in dolce abbraccio accogliente.
 
Quindi, mia cara sventurata innamorata 22enne lascia perdere le letterine.
Fosse per me, ripeto, comincerei ad esplorare qualche sezione di Pornhub col tuo fidanzato. Magari non avrai un "Ti amo", ma fidati di me, avrai rilassatezza, fedeltà e una roccia solida e dura su cui appoggiarti.
 
La lezione di oggi è che a volte bisogna sapere quando frenarsi. Altre volte bisogna usare tutto il cuore che si ha. Prima che diventi anche quello un moncherino.

«Non ho voluto soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te e il tuo piacere, lo sai bene».
Eloisa

domenica 7 luglio 2013

L'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino di Mark Hughes.

Un tranquillo venerdì leggendo Quit the Doner su Vice (se non sapete di chi io stia parlando allora urge un corso fai-da-te che compirete in totale autonomia: http://www.quitthedoner.com/ )scatta l'illuminazione. Un Ars moriendi già confezionato. Un uomo talmente ridicolo, la cui morte sembra un brutto copione di un film di serie B interpretato da Giuliano Gemma che mi ripeto che no, non posso sfruttare tutto questo ben di Dio solo riportando la sua biografia da Wikipedia.
Intanto, per cultura vostra, vi linko il pezzo che ho letto su Vice. Così avrete una base ed entrerete anche voi nel fantastico mondo di Herbalife e soprattutto nel magico mondo della suburbana Vignola-Bologna: http://www.vice.com/it/read/herbalife-italian-summit-2012 .
 
Il resto, conoscendovi potrei citare nomi e cognomi di ognuno di voi, resterà col culo peso e la mano morta ad aspettare che io compia il mio solito dovere e vi racconti la storia del morto del giorno.
E visto che non posso sottrarmi al mio dovere nemmeno durante il riposo domenicale, allora comincio.
 
Parlo a nome di tutti i grassi del globo. Parlo a nome di coloro che prima agilmente entravano nei soliti jeans e ora comprano tute sformate da Decathlon la domenica mattina. Parlo a nome di coloro che vedendo, e soprattutto sentendo, Gianluca Mech, guru di Tisanoreica, vorrebbero d'istinto divorare la produzione mondiale di burritos. Parlo a nome di tutti gli obesi che non hanno un anno per rinascere, ma magari un bypass per sopravvivere.
Parlo soprattutto per me.
Da agile gazzella appesantita da un filo di pancia dovuto all'abuso smodato di birra fermentata in qualsiasi modo, nazione e botte di rame, a giovane cucciola di lamantino, sformata dalla noia, dalla carenza monetaria e dallo stress che mi ha gonfiato stile palloncino di Spongebob, quello che alla Festa dell'Unità compri dopo esserti scolato 14 Ichnusa e scopri comunque di avere ancora 2 euro nel portafoglio.
Data la mia obesità che mi permette abiti all'ultimo grido provenienti da una  boutique di punta di Kabul, decido di rimettermi in forma a modo mio: tornare dalla mia dietologa, il mio Buddha, la mia signorina Rottermeier e vedere come va'. Cibi sani, attività fisica e meditazione. Di solito funziona.
 
 
 
Ma ci fu qualcuno che anni fa ebbe la cosiddetta "idea geniale".
Mark Reynolds Hughes a 19 anni vede morire la madre a causa di un cocktail di farmaci e droghe usato per perdere qualche chilo (io non c'ho mai pensato pur avendo la casa murata di farmaci e amici dalla fedina penale unta e bisunta). Il poveraccio rimane solo al mondo e comincia a slavoricchiare in qualche azienda, ma pare che la sfiga gli si sia appiccicata addosso perchè le due aziende per cui lavora falliscono in breve tempo. Ma poi, come in una splendida fiaba, spuntano i nonni che mettono mano al portafoglio insieme ad altri volenterosi che credono nelle abilità di venditore di Mark e pouf! nasce HERBALIFE.
Herbalife è una sorta di grande concetto umanitario: con infusi, erbe, pasti, integratori e altre varie minchiate stile pasto da astronauta americano del 1966, puoi liberarti dei chili in eccesso in maniera sana e naturale. Ma, che tutto ciò possa corrispondere al vero o meno, Herbalife è famosa soprattutto per il solito sistema di vendita del tipo "Cari giovani disoccupati, comprate il kit a 130 euro, vendetelo a chiunque conosciate, sognate di diventare ricchi come me, ballate alle convenscion e idolatrate il capo".
Adorare il capo. Il grande Mark Reynolds Hughes. Quello che "la morte della mamma mi ha colpito talmente tanto che insegnerò alla gente ad essere magra con le erbe naturali".
Ecco.
Lui.
Trovato morto per abuso di alcol e antidepressivi.
Forse aveva finito il beverone all'artiglio di drago, banana e mango.
 
Mark ha avuto un'idea geniale. Lo sostengono i suoi milioni di dipendenti. E forse pure Cristiano Ronaldo che campeggia nella pagina ufficiale di Herbalife come testimonial.
Sta di fatto che il lamantino che è in me confida molto di più  nei rotolini di breasola con Philadelfia e un filo d'olio e nella obesità rassicurante di Christina Aguilera piuttosto che in un frullato rosa fluo stile casa di Barbie in acido  di un tizio morto bevendo alla tracanna stile Amy Winehouse e peggio fatto di John Belushi.
 
La storia di Mark è illuminante per molti motivi. Il più lampante è che, come al solito, io non ho capito un cazzo.
Chi me lo fa fare di lavorare 27 milioni di ore in un ospedale, consumare banane, yogurt e fare squat tipo soldato Jane e cercare di avere uno stile di vita, non dico sobrio (parola che per inciso non  mi appartiene più dal 1999) ma normale, quando potrei cambiare stile di vita e girovita bevendo e vendendo frullati? Me lo suggerisce anche il ghigno sornione di Cristiano Ronaldo.
 
La lezione di oggi è che se volete dimagrire, non chiedetemi come fare. Chiedetemi quanto si potrebbe guadagnare.
 
Dedicato a tutti gli obesi in lotta. Pugno in alto e sugna sulla t-shirt. Ce la faremo.
 

giovedì 4 luglio 2013

Pillole di morte: Agatha Miller in Christie in Mallowan.

Pochi sanno che ad un certo punto pure una donna posata, intelligente, curiosa ed acculturata come Agatha Christie sbroccò alla grande.
Era il 1926, dopo aver fatto il giro del mondo nel 1923, cresciuto una figlia e scritto "Poirot a Styles Court", Agatha crolla: il lutto per la morte della madre e la seguente richiesta di divorzo da parte del marito Archie, buttarono la giallista nella più cupa delle spirali.
Agatha Christie prese la macchina e scomparve per dieci giorni. La ritrovarono in un albergo di Harrogate sotto il nome dell'amante del marito. Progettava qualche sordido piano degno di un suo romanzo? Secondo un suo biografo sì. Voleva incolpassero il marito fredifrago della sua morte, forse infastidita dal banale clichè dell'esser stata cornificata con la solita, scialba segretaria. Dopo esser stata scoperta rintanata nell'albergo, la scrittrice si scrollò di dosso i problemi, acchiappò la figlia e se ne andò in vacanza alle Canarie. Il resto si sa: carriera sfavillante, il secondo matrimonio con un affascinante archeologo e la consacrazione eterna. Morì nel 1976, da gran signora.
Della scialba segretaria nemmeno l'ombra
 
 
 
Bella storiella. Già.
La mia cupa spirale invece è farcita di vino bianco frizzante, pizza alla cipolla e maxi divano su cui diminuire le diottrie guardando "Chi l'ha visto?" su un mini schermo. Ancor più probabile che il mio giro del mondo si componga di 5 giorni 5 passati in Trentino in una pensione stile "Shining" ma con baristi dall'accento alla Gustav Thoeni. In compenso l'unico uomo che "non" ho mi chiama "Giorgia".
Insomma, la mia vita, anche nella più misera delle sorti, si avvicina sempre più a quella di una suora comboniana piuttosto che a quella di una giallista sovrappeso degli anni '20 ( e '30, '40, '50, '60 e '70).
Ma almeno io e la mia eroina condividiamo un momento no. E se magari non posso ambire ad un avvenente archeologo, allora mi guarderò intorno al prossimo cantiere stradale.
La cazzuola ha pur sempre il suo fascino.