lunedì 24 dicembre 2012

Il Canto di Natale Mortuario.

Sono letteralmente assediata dagli zombie.
Il mio radioso coinquilino ha deciso di farsi una cultura in merito. Quindi mi aggiro per casa schivando fumetti di "The walking dead", dvd di "the walking dead" e, dulcis in fundo, "Zombie story"un bel libro sul genere.
Circondata.

Ma è Natale e il mio spirito bonario e gongolante fa sì che accetti tutte le sregolatezze e le stramberie del caso. In loop nella mia testa gira da giorni "Do they know it's Christmas?"versione 1984. Imbarazzante chiedersi se in Africa siano a conoscienza del fatto che sia Natale (penso che Mbele del Congo piuttosto si domandi dove siano finiti suoi machete), ma non abbastanza visto che l'abominio si è ripetuto anche pochi anni fa con una "Do they know it's Christmas? 20 years later".
A parte tutto però son qui ad aspettare, come una povera bambina scema, le reminiscenze che hanno reso i miei Natali passati una goduria. "Una poltrona per due" o "Il canto di Natale di Topolino" (affermo convinta dopo 20 anni che sia più giusto chiamarlo "Il canto di Natale di Zio Paperone"), le lucine di Natale che sbrilluccicano sull'albero, la promessa di qualche cartone di Asterix o il salame al cioccolato di mia madre che mi aspetta.
 
E son qui. A scrivere di Morte. La cosa che mi colpisce di più è la gente che odia il Natale.
Quelle, per capirci, che odiano chi ama il Natale, odiano gli addobbi, gli auguri, la programmazione televisiva. Avrebbero bisogno di un Canto di Natale alla Dickens, un qualcosa che gli faccia rimuovere lo slogan "odiare il Natale fa figo". Un'esperienza che gli faccia capire cosa muore dentro qualcuno quando si resettano i ricordi che fanno bene al cuore, che fanno sopravvivere in un pessimo presente e sperare in un bel futuro.
 
Già. Vedo Freddie Mercury in tuta bianca Adidas in veste di fantasma dei Natali passati, fare capolino dalla porta della mia sala mentre tutt'intorno l'atmosfera cambia.
Stessa casa, stesso salotto, io che mi rimpicciolisco mentre vedo il miserissimo alberello di Natale troneggiare beffardo sulla scrivania di mio padre. Il gatto, che resterà poco con noi, che si smangiucchia tutte le pecorelle del presepe. Un Natale in cui sono ancor più piccola, la sala al buio, solo le luci multicolore dell'albero, i miei genitori che mi guardano mentre sgrano gli occhioni sulla mia prima Barbie. Il calore, l'affetto. Le piccole cose che ci rendevano felici.
 
Già. Poi vedo Carlèn, il mio urologo, farmi da cicerone nel mio attuale Natale.
L'alberello illuminato, più grande, lo stesso panorama fuori dalla finestra da oltre 20 anni, una puntata di Poirot in tv, il mio coinquilino che ronfa sul divano. Vivo di nuovo qui, tra un po' sarò sola. La salute è precaria, l'amore è precario, il lavoro non c'è (ed era l'unico per cui avrei sorriso all'aggettivo "precario") e la fortuna evidentemente è andata a Bangkok a fare sesso a pagamento.
 
Già. E poi eccolo lì, l'oscuro cocchiere della Morte. Il mio fantasma dei Natali futuri. Nel terrore delle mie fantasticherie m'immagino Justin Bieber con la falce e 47 chili in più, manto nero chiazzato di ketchup e calvizie incipiente.
Cosa mi riservano i Natali futuri? Il plurale di Natale è Natali? Piena di dubbi chiudo gli occhi e penso. Sarò sola, la vigilia di Natale? Forse a cucinarmi tagliolini al salmone e mestizia? O forse spacchetterò regali auto-regalati, mangerò tortellini auto-tortellinati.
Non mi vedo con una banda di marmocchi sbavanti e un marito con un orrendo maglioncino natalizio che scatta foto da mandare a mia suocera, una donna orrenda come Enzo Paolo Turchi e cattiva come mia nonna Satana che mi regala solo saponette o libri di ricette dietetiche.
No. Del resto non mi vedo nemmeno sola, attaccata alla bottiglia, devastata dal dolore della vita e magari con 4 gatti persiani e un cucciolo di carlino. No. Anche se la mia casa avrebbe un delizioso odore di piscio di gatto e disperazione.


 
Già. Chissà.
Intanto son qui a ringraziare le persone che hanno reso splendido il mio Natale since 1982. Anche quelli che leggono libri sugli zombie sapendo che ne sono fobica. Grazie.
 
La lezione di oggi è che non solo quell'avaro e misantropo di Scrooge ha bisogno di un canto di Natale. Tutti noi dovremmo ricordarci del passato, osservare il presente e sperare nel futuro. Altrimenti saremmo morti dentro.

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