martedì 30 giugno 2015

Come il Titanic ma alla fine era un aereo

(Mannaggia, giuro che ho pianto fino ad ora.
Un Ars Moriendi veramente duro da affrontare.
Ok, fffffff, respiro, parto. In tutti i sensi.)

La difficoltà di questo Ars sta nell'ascolto e nella memoria. Soprattutto nell'ascolto e in ricordi che si sono fatti vita vera, incisi sulla pelle.
James Horner è morto qualche giorno fa, non mi chiedete di essere precisa. James Horner fu il primo compositore di colonne sonore che conobbi, ancora prima di John Williams o Hans Zimmer. La mia prima colonna sonora in cassetta fu di James Horner.
James Horner compose la colonna sonora di Braveheart.

Visto l'intento mortifero di questo blog, cerco di varcare la soglia che separa il mondo dei vivi da quello dei morti e sedermi nella nebbia per scambiare due chiacchiere con James.

Caro James, 
tu manco lo sai cosa significa la colonna sonora di "Braveheart" per me. Cerco di farti un sunto perchè so che terranno un party in tuo onore ovunque tu sia, ma rassegnati, il lento sarà "My heart will go on". Come dicono a Roma, stacce.
Dunque Jim - posso chiamarti Jim?- nel lontano 1995, o più probabilmente 1996, il mio catechista (all'epoca avevo deciso di dare una chance a Gesù e compagni) era un amante del medioevo, più precisamente amava i cavalieri templari. Lo so, troppo mainstream, ma ciò fece sì che si affezionasse alla filmografia di genere e alla musica epica, così un giorno saltò fuori con la cassetta della colonna sonora di "Braveheart". Me ne fece una copia e scrisse a mano titoli e minuti, ricordo ancora la sua scrittura, i caratteri puliti, le parole piccole,una grafia ordinata e blu.
Da quel giorno ascoltai quella cassetta in ogni momento in cui mi fosse permesso di sognare. Uno dei brani sarebbe stato quello su cui mi sarei sposata. Lo credevo fermamente. 
Guarda caso non era quello intitolato "The Secret Wedding" ma "Murron's Burial". La nenia funerea mi sapeva di amore eterno. Solita deformazione semi-professionale.
Sgattaiolavo in camera dei miei genitori, sfilavo dall'armadio il vestito marrone di mia madre, quello dallo stile spiccatamente amish, e sognavo il mio matrimonio, con un cavaliere ribelle, in una brughiera dimenticata da Dio, a combattere il male sotto ogni forma. 
Più avanti negli anni, abbandonato il vestito amish, quella cassetta mi seguiva in ogni viaggio intraprendessi. Negli anni avevo variato la scelta, dai Roxette e Bryan Adams a Lagwagon e Millencolin, dai Dead Kennedys ai mix con Coldplay e Abba. Scelte musicali degne di uno schizofrenico, ma almeno Queen e "Braveheart" non mancavano mai. Che dire Jim, mi rilassava e mi caricava allo stesso tempo.


Quando poi la cassetta non si poteva più adeguare ai nuovi supporti tecnologici, la riposi con cura in casa e mi scaricai subito la colonna sonora per inserirla nel mio ipod. Così feci anche con i cellulari. Non c'è notte insonne o senza tappi in cui non inforchi le cuffie e non ascolti i coristi di Westminster e la London Simphony Orchestra.
Sono passati vent'anni da quando ascoltai per la prima volta quella musica, Jim. 
E che vidi il film, ovviamente. 
E fu da quel momento che cominciai a costruire il mio sapere, a scavare un po' più a fondo di quanto Mel Gibson sapesse fare. Fu da allora che cominciai ad amare la Scozia, la storia medievale. 
Non fu di certo grazie a quel pigro australiano antisemita di Gibson, certo, fu merito mio, delle biblioteche, dei libri, dei viaggi. 
Imparai a giudicare meno dalle apparenze. 
E che tendenzialmente Hollywood non racconta mai tutta la verità. Un dolce inganno di qualche ora ha alimentato le sagre di Pontida per anni. William Wallace ce l'aveva duro come Bossi.

Ma a me di William Wallace me ne fregava, e ancor oggi, me ne frega molto poco.
A me interessava Robert The Bruce. Rientrava nel mio debole per coloro a cui non si nega una seconda chance. Una sorta di crocerossinaggio cinematografico.
Fu mio padre a consigliarmi di non rimanere ancorata al film ma di leggere e studiare, di non fermarmi a pensare che Robert The Bruce fosse figlio di un lebbroso e traditore. E lo ringrazierò per sempre.
Come ringrazierò te Jim per tutte le volte che mi hai accompagnato mentre studiavo Istituzioni Medievali, mentre cercavo di obnubilare la mia mente e i miei sensi durante il russare incessante della mia amica Giubi, per quei viaggi in treno lunghi ore, per la mia meditazione.

Quindi Jim, grazie per aver messo in musica la mia vita senza saperlo. Scorrendo i titoli dei film per cui hai composto colonne sonore e musiche, giuro che rivivo il disagio più totale della mia vita: Robin Williams ne "L'Uomo Bicentenario" mi fece piangere come Brosio a Medjugorje, "Il nemico alle porte" e "Il nome della rosa" per cui ancora ho sentimenti contrastanti, "Il Grinch" che allieta il mio Natale, "La valle incantata" il cartone animato per bambini problematici e catatonici e tanti, tantissimi altri.
Grazie anche per "Titanic": "My heart will go on" in ogni luogo mefitico, in ogni matrimonio o celebrazione, in ogni karaoke sbronzo è sempre l'ultima canzone che vorrei ascoltare o cantare ma allo stesso tempo non riesco a non piangere pensando a Di Caprio che si inabissa in quel mare gelido ma non faccio battute su Kate Winslet.
Dio quanto odio "Titanic". 
Anche se hai vinto due Oscar, ci hai condannato ad una vita di Celine Dion.


(Non riesco nemmeno a guardare il video, niente, mi viene da piangere)

Quindi James, "near, far, wherever you are" per dirla con parole tue, ti auguro uno splendido aldilà, ci mancherai, il mondo ha perso un essere umano straordinario.

Ma il nostro "heart will go on", stanne certo.


P.S. Quel pezzo, "Betrayal and desolation", su Robert The Bruce che tradisce Wallace, è bruttarello forte.



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