sabato 30 marzo 2013

Mexico e nuvole: sintesi di un ospedale, di una bella ragazza morta e di un medico cantante.

Trovo lavoro. E lo trovo a stretto contatto con la morte.
Lavoro in un ospedale. Meno genericamente nel reparto di oncologia. Ancor meno genericamente mi trovo immersa in Glioblastomi e tumori cerebrali. Di quelli che non fai in tempo ad avere mal di testa che il mese dopo sei sdraiato in un comodo lettino di seta bianca truccato come Priscilla la regina del deserto.
E la vita, siccome cerca sempre di fotterti in tutti i modi stile gang bang su You Porn, decide di farti parlare con una di queste persone. E la morte, che tranquilla se ne sta seduta a limarsi le unghie, ti sorride "Non ridi più eh, stronzetta? Io scrivo un blog sulla morte! Ma che brava, che originale, adesso comunque son cazzi tuoi."
La signora al telefono ha poche manciate di settimane davanti a sé. Non riesce a muoversi. Ma caparbia vuole un appuntamento con il dottore, "sa, per fare un'altra cura". La mia collega scuote la testa. La tranquillizzo e le dico di chiamare più avanti, posto c'è.
 
E così sì, lavoro con la morte. Anzi, lavoro con il confine. Un giorno ci sei e il giorno dopo no. Ed è proprio così con i malati di cancro.
Il mio primo giorno di lavoro ho mandato un fax ad un comune per sapere se Tal dei Tali era vivo. E lo era in data 21 marzo. Ma ieri, un necrologio sul giornale annuncia la sua morte. Tal dei Tali è morto due giorni dopo il fax.
 
Subdolo il cancro questa settimana si è portato via una bellissima e splendida ragazza di 38 anni di nome Marzia. Io Marzia non l'ho mai conosciuta. Conosco il marito, Matteo. E lo conosco come chiunque di voi conosce il proprio uomo delle letture del gas. L'ultima volta che l'ho visto è stato dieci anni fa, indossava una maglia di rete nera e così tanto rimmel da farmi sentire struccata e in pigiama. Un carattere, uno stile di vita, e una moglie splendida. L'amore, quello sincero, quello che smuove letteralmente le montagne. E poi arriva il cancro. Troppo presto, come quando aspetti il bus e hai appena acceso una sigaretta e quello fa capolino dalla curva e tu devi spegnere quella sigaretta. Quella sigaretta che non vedevi l'ora di goderti. Via.
Quella donna che era il tuo perfetto incastro. Quel sentimento che hai raccontato tante volte e di cui eri fiero. Via.
E ora rimane il silenzio.
 
 
 
Rimane il ricordo anche di Enzo Jannacci, a 77 anni lascia questo mondo, la sua Milano. Uno di quei cazzo di geni che con la sua laurea in medicina era riuscito ad entrare nell'equipe di Barnard, quello del primo trapianto di cuore. Quello che cantava "Vengo anch'io! No tu no". Quello che è morto di cancro, giusto iersera. Milioni di persone condividono i suoi video su Facebook. Io pure.
"Mexico e nuvole", accanto a me un, due, tre, bicchieri di vino e la consapevolezza che la vita è splendida e triste. La morte pure.
 
La lezione di oggi è: Ama. Canta. Sorridi. Bevi. Nulla potrà andare storto. Nel bene e nel male avrai dato il massimo.
E il massimo, comunque vada, non basterà.
Post triste, ma guardate il tempo, guardate la pioggia nei miei occhi.
Che potete volere di più da me?
 


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