martedì 22 settembre 2015

Sulla morte di un curato di città

Ammetto candidamente che invocare il signore, ultimamente, è stato il mio sport prediletto.
Non mi giudicate troppo duramente, vi porto degli esempi:

es. 1: il gatto piscia sul divano. Due volte. Senza alcun apparente motivo se non l'avversione verso la nuova sabbietta. Pare preferisca la vecchia. Quella, per capirci, più costosa e infestante, nel senso che ogni volta che il suddetto felino esce dalla vaschetta dei bisogni, il mio bagno prende le sembianze del lungomare di Viserba. E non solo il bagno. La sala sembra Torre Pedrera.

es. 2: Adoro il mio nuovo lavoro. Adoro le colleghe, i medici, perfino il pakistano del ritiro campioni di laboratorio mi sta simpatico. Ma. Ma. Non posso minimamente lamentarmi ripensando ai vecchi tempi in cui l'oncologia mi rovinava pause pranzo, week end, ferie, Natali di Gesù, ma la perenne sensazione di sentirsi l'ultima arrivata a quasi 33 anni mi opprime. Ogni minimo errore che faccio è fonte di grande angoscia. Sono a rischio ischemia o bestemmia pesante. E mi sfogo.

es. 3: Sto per compiere 33 anni, la fatidica età di Cristo. L'imprecazione sa quasi di omaggio.

Proprio in questi giorni è venuto a mancare il parroco del mio quartiere, Don Tonino. 
Le campane della messa della domenica pomeriggio non hanno suonato. 
E' morto senza coronare il suo grande sogno: festeggiare i 50 anni cella sua chiesa. Che, ironia della sorte, saranno questa settimana.
Questo è quanto.
A parte il forte richiamo al telefilm anni '90 con Gigi e Andrea per cui impazzivo nonostante me la facessi addosso dalla paura, Don Tonino non è riuscito a rappresentare la spiritualità pura e la ricerca della verità nella mia vita nonostante i miei 10 anni passati in parrocchia tra catechismo e post-cresima.

Sì, potete smetterla di ridere.

L'idea dei miei genitori era quella di crescere una forte, atletica, ragazza cristiana.
Riesco benissimo a sollevare un pacco di 5 chili. Non so se rientri nella categoria "forza" o "atleticità", ma una su tre celo!
Tornando alla visione da hitlerjugend dei miei, io riuscì ad impormi rifiutandomi categoricamente di diventare coccinella scout.
Ma si sa, gli amici che avevo erano quelli del quartiere e l'unico posto vicino a casa di tutti era la chiesa. 
Così, di mia sponte, continuai a frequentare quel cubicolo di cemento consacrato fino a quando non capì di avere una strada diversa davanti. 
Per intenderci quella che mi si parava innanzi era una strada lastricata di punk, sigarette, musica, alcool e crolli di autostima. Ma comunque una strada migliore di tante altre, anche di quella sacra.



Il mio ex, ridentissimo, luogo di culto.


Don Tonino era un burbero curato di città. Un duro, scorbutico, chiuso cristiano. 
Non ricordo una carezza, ricordo i rimproveri.
Non mi viene in mente un dibattito.
Non un insegnamento.
Solo un sacco di cricchi in testa, discutibili foto del battesimo e la stanchezza della vecchiaia.
Ecco cosa mi è rimasto di Don Tonino.

E adesso perdono a pochi, pochissimi, di ricordarlo con amore. Lo permetto solo a coloro per cui lui pianse da amico e non da prete. A loro lo permetto. Ma alla moltitudine ipocrita che stanziava in chiesa, nella sua chiesa, no. Vorrei lo si ricordasse con lucidità e coerenza.
Un curato di città. Burbero e severo. Che apriva a pochi il suo cuore. Di certo non a me.

Così, mentre si avvicinano i miei 33 anni, sento la beatitudine scivolarmi dalle mani, mentre ricordo i miei dodici anni in quella chiesa penso a quanto sognassi libera. 
Ora sogno di dormire. Solo di dormire.

(And I’m holding on for dear life, won’t look down won’t open my eyes
Keep my glass full until morning light, ‘cause I’m just holding on for tonight
Help me, I’m holding on for dear life, won’t look down won’t open my eyes
Keep my glass full until morning light, ‘cause I’m just holding on for tonight
On for tonight)


Ora riguardo la mia strada, quella che fui costretta a prendere dopo essermi resa conto che esisteva un mondo fuori dai binari di una scelta obbligata di periferia.
Mi buttai senza saperlo su un binario costellato di scelte difficili e pianti facili.

Ma io sono quei pianti e quelle scelte, Don Tonino non mi ha spiegato niente in più e niente di meno. Ci siamo solo incontrati a metà strada, salutandoci con rispetto con un cenno del mento.

Quindi eccomi qui, tutta nevrosi e piscio di gatto, mi approccio fiduciosa verso il mio compleanno, l'ennesimo, il 33esimo. Cristo Edition. E no, non riscopro la mia spiritualità. Al massimo continuo a sperare in una vita nell'ennesimo modo sbagliato. 
Con il bicchiere pieno e la morte nella penna e nel cuore. 
La possibilità di una resurrezione e di una pacificazione del mio animo sarà possibile forse dopo la castrazione del mio felino.
Per ora stringo i denti, non mi arrabbio, non urlo, mi colmo come un enorme vaso, piena di rabbia e frustrazione. Piena di un vuoto spirituale che non so colmare.

(I’ve got thick skin and an elastic heart,
But your blade it might be too sharp
I’m like a rubberband until you pull too hard,

I may snap and I move fast
But you won’t see me fall apart
Cause I’ve got an elastic heart)


Lezione di oggi: quello che avete dentro o in testa, nel cuore o nelle viscere, che sia Shiva il distruttore o Gesù Cristo, vi metterà alla prova. Io lo chiamo tutti i giorni ma non risponde. Invidio chi ha la linea diretta. Io ormai lascio messaggi in segreteria, ma voi non demordete.

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