giovedì 12 marzo 2015

Retrospettiva vacanziera: Mango e i suoi fratelli

Se proprio vogliamo parlarne seriamente, allora sì: ho un problema con le vacanze, che siano estive, invernali, improvvisate, negate, io ho un problema mortifero con le vacanze.

Ricordo nitidamente che da bambina accoglievo tutti coloro che tornavano da qualche settimana all'estero elencando i morti eccellenti di quelle settimane estive grondanti di afa e noia. Era un rituale, mi mettevo lì e li travolgevo con chiacchiere e necrologi. La vittima usuale era mia sorella, povera creatura, che tornava frastornata da ore di jet lag e trasferte in paesi dove regolarmente saltavano in aria autobus, i colpi di stato erano frequenti come il sottocosto del Conad e gli animali meno pericolosi erano tarantole di 30 centimetri. Il mio "bentornata" suonava un po' come "Sei voluta andare in Sri Lanka 3 settimane? Cazzi tuoi, mo' ti becchi la pagina delle necrologie del Carlino cantata".

Poi si cresce. E la storia cambia. Un po' come quando da bambino svegli i tuoi genitori ad orari mattutini improbabili e appena compi 17 anni ti dimentichi del fatto che esistano le ore 6 del mattino. Tu te lo scordi. I tuoi genitori no. Nel mio caso mia madre annunciava al mondo che erano le 8 del mattina di domenica accendendo l'aspirapolvere che probabilmente aveva acquistato nel 1985 ad una rivendita di reattori della NASA. Così avevo lasciato perdere i miei annunci mortuari estivi, ma la gente non aveva smesso di morire.

La morte di Mango mi ha colto impreparata tra le mie lenzuola esattamente l'8 dicembre, quando la mia unica preoccupazione era non rimanere fulminata dalle lucine dell'albero di Natale comprate anni prima presso la stessa rivendita di reattori della NASA di cui mia madre era un'aficionada. Mentre stavo risorgendo da un sonno ristoratore, un sonno vacanziero, quello che si può vivere solo quando lunedì si ritrasforma in una domenica, il mio dolcissimo quanto energico compagno piomba sul letto e mi sveglia premuroso:

"Buongiorno amore, lo sai chi è morto?"

La stessa domanda me l'aveva posta la mattina dell'11 agosto quando, guarda caso, mi godevo i miei unici 5 giorni vacanzieri concessi dall'Alto Comando dell'Oncologia dell'Ufficio 21. Ero lì, in un letto del 1960 ad Abano Terme, dove il tempo si era fermato tra cuffie da bagno con fiorelloni azzurri e grattacieli stile Las Vegas.
"No amore non lo so, sono sveglia da un minuto. Chi è morto?" chiedo banalmente.
"Robhnmihlj Williams". 
No, non è un refuso. Non afferrai il nome. Il che mi catapultò in un'angoscia sconfinata. Robbie Williams? Scherza? No perchè se è morto Robbie Williams mi affogo nella piscina esterna, m'impicco con un biscione di gomma per fare acquagym, mi faccio saltare in aria davanti al tavolo brioches durante la colazione.
"L'attore dai, Robin Williams"
Ecchecazzo, che paura però.

"Buongiorno amore, lo sai chi è morto?"
No, non lo so. Chi sarà mai morto?
"Indovina"
A quanto pare il mio delizioso e sardonico compagno questa volta non vuole corre il rischio di sbagliare ed inventa il toto morto. Alle 9 del mattino dell'8 dicembre.
"Era un cantante italiano e già qui ti aiuto"
Ah beh, effettivamente, avessi detto cantante turkmeno qualche problema l'avrei avuto. Ok, comincio a sciorinare tutti i cantanti italiani che conosco.
"Al Bano"
"No"
"Ok. Meno male. Avrei pianto se fosse stato Al Bano. Toto Cutugno?"
"No"
".... Al Bano..?"
"Ancora! No!"
"Mmmm Umberto Tozzi?"
"No. Ti do un aiuto, aveva 60 anni"
"..."
"Dai! voce particolare"
"Pino Daniele?"
"No"
"Eh, e chi lo ammazza Pino Daniele? Ok mi arrendo"
"MANGO"



Segue un urlo belluino di dolore, mi rifugio sotto le coperte. Piango. Non tanto per Mango. Ma per le scampagnate estive con la sua cassetta in macchina, mia madre bella come il sole, i suoi occhi verdi che riflettono il colore del mare,  sciolta e felice che canticchia "Dove vai?", l'orchite di mio padre nel doversi sorbire 90 minuti di Mango, il caldo della nostra Golf verde, il chiudere gli occhi e sentire subito l'odore del mare, nel silenzio dei pomeriggi caldi colorati di giallo nella mia cameretta a Rivabella. Questo era Mango per me, per noi. Nessuno riuscì mai a sostituirlo, non ci riuscì Lucio Dalla con "Attenti al lupo", ci provò seriamente Antonello Venditti con "Alta Marea". 

Il ritorno al lavoro fu durissimo. L'unica cosa che mi avrebbe tirato su il morale era il pranzo tra colleghi, dove avremmo provato a superare il dolore per la perdita del nostro amato Mango. 
Ma poi, l'incredibile. 
Durante la veglia funebre, il fratello maggiore di Mango, Giovanni, ha un malore e muore. A ruota altri due fratelli si sentono male. Una vera emorragia di Manghi invade il nostro martedì mattina. 
Era questa la notizia. Che insieme a Mango era morto pure suo fratello. E, come se non bastasse, si erano sentiti male anche gli altri componenti della famiglia. 
Tutto quello che ci rimase, in quel mese, fu questo. La strage dei Manghi.

E a me, in quel freddo dicembre di abbandoni, Mango aveva lasciato molto di più. Mi aveva lasciato il sapore del mare e della libertà, mi aveva fatto tornare bambina, quando ero coraggiosa e cantilenavo di morti a chi non voleva sentire.

La lezione di oggi è: godetevi le vacanze, godetevi la famiglia, godetevi il bacio del buongiorno. Al lato mortifero ci penseremo dopo la sveglia.






2 commenti:

  1. Bentornata, cara Federica Dodi in arte Ars Moriendi. Non puoi capire quanto mi sia mancato il tuo blog e quanto mi sia di conforto, soprattutto in questo momento, poter sorridere della morte (e della vita).
    Quindi, grazie Fede. Un bacio grande.

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  2. Ciao cara Alice, ho letto del tuo momento delicato e ti dico, banalmente, di essere forte. Io son tornata insieme a tutti i miei cari defunti per fare quello che devo: esorcizzare, ammortizzare. Grazie a te Alice, e un bacione e un abbraccio.

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