Un tranquillo venerdì leggendo Quit the Doner su Vice (se non sapete di chi io stia parlando allora urge un corso fai-da-te che compirete in totale autonomia: http://www.quitthedoner.com/ )scatta l'illuminazione. Un Ars moriendi già confezionato. Un uomo talmente ridicolo, la cui morte sembra un brutto copione di un film di serie B interpretato da Giuliano Gemma che mi ripeto che no, non posso sfruttare tutto questo ben di Dio solo riportando la sua biografia da Wikipedia.
Intanto, per cultura vostra, vi linko il pezzo che ho letto su Vice. Così avrete una base ed entrerete anche voi nel fantastico mondo di Herbalife e soprattutto nel magico mondo della suburbana Vignola-Bologna: http://www.vice.com/it/read/herbalife-italian-summit-2012 .
Il resto, conoscendovi potrei citare nomi e cognomi di ognuno di voi, resterà col culo peso e la mano morta ad aspettare che io compia il mio solito dovere e vi racconti la storia del morto del giorno.
E visto che non posso sottrarmi al mio dovere nemmeno durante il riposo domenicale, allora comincio.
Parlo a nome di tutti i grassi del globo. Parlo a nome di coloro che prima agilmente entravano nei soliti jeans e ora comprano tute sformate da Decathlon la domenica mattina. Parlo a nome di coloro che vedendo, e soprattutto sentendo, Gianluca Mech, guru di Tisanoreica, vorrebbero d'istinto divorare la produzione mondiale di burritos. Parlo a nome di tutti gli obesi che non hanno un anno per rinascere, ma magari un bypass per sopravvivere.
Parlo soprattutto per me.
Da agile gazzella appesantita da un filo di pancia dovuto all'abuso smodato di birra fermentata in qualsiasi modo, nazione e botte di rame, a giovane cucciola di lamantino, sformata dalla noia, dalla carenza monetaria e dallo stress che mi ha gonfiato stile palloncino di Spongebob, quello che alla Festa dell'Unità compri dopo esserti scolato 14 Ichnusa e scopri comunque di avere ancora 2 euro nel portafoglio.
Data la mia obesità che mi permette abiti all'ultimo grido provenienti da una boutique di punta di Kabul, decido di rimettermi in forma a modo mio: tornare dalla mia dietologa, il mio Buddha, la mia signorina Rottermeier e vedere come va'. Cibi sani, attività fisica e meditazione. Di solito funziona.
Ma ci fu qualcuno che anni fa ebbe la cosiddetta "idea geniale".
Mark Reynolds Hughes a 19 anni vede morire la madre a causa di un cocktail di farmaci e droghe usato per perdere qualche chilo (io non c'ho mai pensato pur avendo la casa murata di farmaci e amici dalla fedina penale unta e bisunta). Il poveraccio rimane solo al mondo e comincia a slavoricchiare in qualche azienda, ma pare che la sfiga gli si sia appiccicata addosso perchè le due aziende per cui lavora falliscono in breve tempo. Ma poi, come in una splendida fiaba, spuntano i nonni che mettono mano al portafoglio insieme ad altri volenterosi che credono nelle abilità di venditore di Mark e pouf! nasce HERBALIFE.
Herbalife è una sorta di grande concetto umanitario: con infusi, erbe, pasti, integratori e altre varie minchiate stile pasto da astronauta americano del 1966, puoi liberarti dei chili in eccesso in maniera sana e naturale. Ma, che tutto ciò possa corrispondere al vero o meno, Herbalife è famosa soprattutto per il solito sistema di vendita del tipo "Cari giovani disoccupati, comprate il kit a 130 euro, vendetelo a chiunque conosciate, sognate di diventare ricchi come me, ballate alle convenscion e idolatrate il capo".
Adorare il capo. Il grande Mark Reynolds Hughes. Quello che "la morte della mamma mi ha colpito talmente tanto che insegnerò alla gente ad essere magra con le erbe naturali".
Ecco.
Lui.
Trovato morto per abuso di alcol e antidepressivi.
Forse aveva finito il beverone all'artiglio di drago, banana e mango.
Mark ha avuto un'idea geniale. Lo sostengono i suoi milioni di dipendenti. E forse pure Cristiano Ronaldo che campeggia nella pagina ufficiale di Herbalife come testimonial.
Sta di fatto che il lamantino che è in me confida molto di più nei rotolini di breasola con Philadelfia e un filo d'olio e nella obesità rassicurante di Christina Aguilera piuttosto che in un frullato rosa fluo stile casa di Barbie in acido di un tizio morto bevendo alla tracanna stile Amy Winehouse e peggio fatto di John Belushi.
La storia di Mark è illuminante per molti motivi. Il più lampante è che, come al solito, io non ho capito un cazzo.
Chi me lo fa fare di lavorare 27 milioni di ore in un ospedale, consumare banane, yogurt e fare squat tipo soldato Jane e cercare di avere uno stile di vita, non dico sobrio (parola che per inciso non mi appartiene più dal 1999) ma normale, quando potrei cambiare stile di vita e girovita bevendo e vendendo frullati? Me lo suggerisce anche il ghigno sornione di Cristiano Ronaldo.
La lezione di oggi è che se volete dimagrire, non chiedetemi come fare. Chiedetemi quanto si potrebbe guadagnare.
Dedicato a tutti gli obesi in lotta. Pugno in alto e sugna sulla t-shirt. Ce la faremo.