domenica 9 settembre 2012

Batman è vivo. Batman è morto.

Mai come in questi mesi ho sentito crescere così forte dentro di me la necessità di sapere che la vita, alla fine, non fa così schifo. Ci ho creduto seriamente, amici miei. Ma nulla, nemmeno la più profonda esplorazione del mio essere mi aveva dato risposta. Ero lì, a cercare qualcosa che mi facesse girare la testa, letteralmente, che portasse i miei occhi a vedere colori diversi, numeri diversi, vie d'uscita o semplicemente una soluzione. Cercavo la speranza, speravo nella speranza. Perchè quando sei disperato speri. Speri così forte da calpestare gli altri per vedere la luce. E su questa partenza triste e patetica, parte la riflessione quotidiana sulla morte.
 
Batman, il personaggio dei fumetti, il cavaliere oscuro e anche, sì anche lui, Val Bisteccone Kilmer, Batman. Batman non è un personaggio. Batman è una condizione sociale, civile, uno stato mentale a volte anche uno stato fisico. Batman.
 
Da bambina mia nonna mi portò a vedere Batman, quello con Michael Keaton e Kim Basinger. Mi cagai addosso dal terrore. Jack Nicholson che fa Joker non ti fa passare belle nottate quando hai 7 anni. Ma mia nonna pensava fosse un film adatto ai bambini. A 12 anni mi portò a vedere "Pollicina". Il cinema non era il suo forte.
Mi fece un po' schifo, Batman. Michael Keaton, non fraintendiamoci, non era male, ma era Michael Keaton, uno che sarebbe stato più credibile come amorevole padre di famiglia piuttosto che da miliardario che si scopa Kim Basinger.
Poi arrivarono i cartoni di Batman, il film con Val Kilmer (sarebbe stato perfetto nella parte di Batman se Bruce Wayne fosse stato un vaccaro del Texas) e quello con George Clooney (credibile nella parte di Bruce Wayne. Ma Batman? Magari a carnevale con un Martini in mano che balla la conga con la Canalis di turno vestita da Catwoman). Batman era un triste miliardaio accogli-orfani, con nemici usciti da una sfilata di Moschino o dalla Caritas vicina al circo Orfei, aiutanti al limite della ridicolaggine. Batman salvava sempre una città ingrata, dedita al vizio, immersa nella notte.
Dov'era la gente? Dov'era l'amore? Perchè un supereroe AMA. Cosa? Il genere umano, gli amici, la vita e la giustizia.
Poi, miracoli del cinema, arriva una trilogia a salvare il salvatore.
Batman, l'orfano, il milionario, il combattente, l'innamorato, il disperato. Niente più zoccole in latex o nemici con costumini e storie patetiche. Bruce Wayne è sempre scoglionato, triste e miliardario ma adesso ha paura. Ha paura per le persone che ama, ha paura di perderle di nuovo. E la città? E' una città che deve essere salvata, che ha bisogno di sperare. E' una città che esiste anche di giorno.
C'era l'amore. C'era la vita. C'erano gli amici.
Tornando a casa dopo l'ultimo film ho sbrodolato il mio amore per Batman su facebook. E allora, lì, una domanda inaspettata "Quindi muore?!".
Eh. Non si rovinano i finali dei film. E non sono una studentessa di cinema con il Morandini sotto al braccio e la facile retorica sulle produzioni americane per commentare un finale in modo filosofico-intellettuale senza svelarvi l'epilogo.
 
Sono solo una persona che ha bisogno di sperare.
Ma vi dico questo. Non importa che Batman sia vivo o sia morto. Batman siamo noi. Diamoci una speranza. Ma non viviamo attaccati alla speranza, ad un'unica speranza.
E andate a vedere sto cacchio di film.
 
 

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