mercoledì 12 settembre 2012

Sei morta un sabato mattina.

Il post, ieri alle 16 e 39, era già pronto ed impacchettato. Fatto. Parlava della morte di Jenny in Forrest Gump. Un bella coincidenza visto che ieri sera, facendo zapping, becco il film su Rete 4. Ma guarda un po'.
Ora, la visione di Forrest Gump da parte della sottoscritta è stata metabolizzata a dovere anni fa. Basta versare lacrime per Buba e i suoi gamberi, stop ai facili  isterismi davanti al povero Forrest che corre per schivare i bulli.
Ma più guardavo il film più pensavo al post che avevo scritto. Galvanizzata da alcuni commenti positivi e commossa dalla piaggeria di taluni, avevo cominciato a scrivere compulsivamente, stile schiacciasassi. Il risultato era divertente. Ma se la persona che scrive non ride da svariati mesi allora quello che ha scritto è falso, forzato. Detto tra noi, ho voglia di essere divertente come di sentire le lamentele di mia nonna sul suo pollicione in cancrena e sua mia cugina Gesica (sarebbe Gessica, ma mia nonna lo pronuncia alla francese. Credo) che è disoccupata, poverina (Già. Io invece mi ammazzo di lavoro). Scherzare sulla realtà, che ci vuole. Schernire la morte: diciamo che per farlo paradossalmente serve una dose di spensieratezza livello "Lino Banfi - allenatore nel pallone". Ora sono a livello "Luigi Tenco".

Così ho cancellato tutto. La morte non è divertente adesso. Oddio, almeno non nel caso di Jenny.
Personalmente considero una crudeltà verso il genere umano la scena del povero Forrest Gump davanti alla tomba della sua amatissima Jenny. Quel "Sei morta un sabato mattina" è come una fucilata che ti fa esplodere il petto in milioni di minuscoli pezzi.
 
 
 
La morte di Jenny è la morte più drammatica che io abbia mai vissuto cinematograficamente parlando. Sono sopravvissuta all'urlo di William Wallace, ho pianto senza fine per la morte del drago di "Dragonheart" (derisa da tutto il cinema, tra l'altro), ho affrontato tutti gli Harry Potter e ho imparato a convivere con la morte di Boromir ne "Il Signore degli anelli" solo dopo anni di terapia nerd.
Ma Jenny. Cristo santo, Jenny.
 
Forrest Gump affronta la vita con Jenny dentro al cuore guardando il cielo fondersi con la terra, dentro ai muscoli mentre corre per sopravvivere,  dentro la mente mentre pensa o parla. La sua vita E' Jenny.
Una mia amica una volta, tra le lacrime, mi disse "Quella puttana di Jenny gli spezza sempre il cuore!". Io, impassibile e granitica, la pensavo diversamente. Forrest Gump non ha avuto il cuore spezzato fino a quel sabato mattina, quando Jenny se ne va per sempre.
Perché, penso, non si può spezzare il cuore di qualcuno che ama in modo così assoluto e innocente.

Impassibile e granitica poi fino al momento in cui Jenny se ne va. Lì la mia esistenza vacilla in uno stato catatonico di stupidità adolescenziale.
E' il concetto di perdita che strazia il cuore. Un conto è se la persona che ami se ne va da te, si trasferisce, corre in Uganda ad aprire birrerie, veleggia verso città strapiene di opportunità lasciandoti solo come un verme. Puoi startene lì alla finestra ad aspettare che torni fino alla fine dei tempi o annegare la tua tristezza in galloni alcool. Un altro conto se la persona che aspetti non tornerà perché, biologicamente parlando, se n'è andata. E' un discorso semplicistico, avvolto in un semplicistico cattivo umore che m' impedisce di scrivere tomi sulla filosofia della morte e della perdita e mi fa affidare questa semplice riflessione a Robert Zemeckis e Tom Hanks.
 
La lezione di oggi non è semplice. Se ami qualcuno e hai la forza di aspettarlo per mesi, anni, ere geologiche allora fallo. Se hai fortuna tornerà da te. Altrimenti ci pensa la morte.
 
 
 

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