mercoledì 31 ottobre 2012

Il giorno del morto.

E son qui. Il 31 ottobre.
Non sto qui a disquisire su Halloween. Chi vuole lo festeggi come Samhain, come Ognissanti, come "C'è Juve-Bologna". Fate quello che vi pare.
 
Sta di fatto che questo è il periodo dell'anno che preferisco. Aria mortifera, nebbia, freddo, serate con gli amici, piumoni e plaid, cioccolata calda e il conto alla rovescia per il Natale che si avvicina. Sì, mi piace Natale. Flagellatemi.
 
Venerdì, sfidando la fila di anziani e prefiche che affoleranno i cimiteri del globo terracqueo, mi recherò alla Certosa di Bologna per ricordare quel santo in terra di mio nonno. Lasciando mia nonna in fila a fare a gare di sfighe, sport che tra le anziane spopola ed è alla pari, come popolarità, alle bocce o alla briscolaccia per i vecchi.
Andiamo tutti come zombie verso i cimiteri per poggiar due fiori a qualcuno che durante il resto dell'anno resta sepolto sotto terra e nei nostri ricordi. Una sorta di "Io e te 3 metri sotto terra".
 
Allora, oggi, voglio parlarvi di una ragazza di cui vorrei ricordarmi tutto l'anno.
 
Lei era una ragazza molto fragile e molto dura, tenera come un peluche e chiusa come una cassaforte. Nonostante l'apparenza spregiudicata e goliardica amava molto le rassicurazioni, gli abbracci, i complimenti. Nata sicura e coraggiosa negli anni ha visto il suo fisico e il suo carattere fiaccati dal poco affetto e dalla costante mancanza di fiducia nelle (scarse) capacità intellettive di chi la circondava. Lei cominciò lentamente a sfiorire nel 2006. Aveva perso un amico, un nonno che l'amava silenziosamente e la reputava la più capace tra quei 4 caproni di casa, aveva perso le amiche di cui non sentiva più il caldo abbraccio della comprensione.
Fu difficile per Lei riprendersi e vi assicuro che ogni giorno guardavo quelle guance rigarsi di lacrime inutili, di un inutile dolore, di un utile ma necessario catartico cambiamento.
Passarono 4 anni di lavoro e ricordi, di viaggi e chiacchierate tra me e Lei, il suo sorriso in costante crescita, la pelle più luminosa di qualsiasi modella della Oil of Olaz e quegl'occhi nuovi e chiari. Era rinata.
Nel 2010 Lei capì che ce l'aveva fatta, "il tarlo" era lontano, la vita era lì davanti: amici nuovi, una nuova percezione dell'affetto e dell'amore. La consapevolezza di essere tornata sicura e coraggiosa.
 
Solo nelle favole c'è il lieto fine. E nemmeno in tutte. Andersen fa fare una brutta fine a quasi tutti i suoi personaggi. Tipo quella poveraccia della Sirenetta che muore per troppo amore.
 
Un po' com'è successo a Lei.
Nel 2012 il castello di ghiaccio si scioglie come il suo povero e debole fisico. Perde tutto. Il lavoro, l'amore, la sensazione rassicurante di essere coraggiosa. E così, in un momento imprecisato dell'anno, Lei muore. 
E mi trovo spesso qui a piangerla, a ricordare le rispostacce che dava ai ragazzi che la deludevano, il suo naturale incedere come un Caterpillar silenzioso sulle offese della vita, il sorriso 36 denti che sfoggiava ogni qualvolta vedesse in tv un documentario sui nazisti, il rimpianto di non aver avuto una romantica storia d'amore con un menomato personaggio bazzanese di nome Aereo e il vero doloroso rimpianto di non aver dato abbastanza a chi davvero se lo meritava.
 
 
 
Ma come insegna Halloween o Samhain o la festa del Fuoco fianco a fianco (Fucacost) di Orsara, in Puglia, i morti tornano.
 
E io, Lei, come uno zombie tornerò ad affacciarmi alla vita.
Probabilmente ballando "Thriller" di Michael Jackson.
Buon Halloween. O quello che è.
 
 
 
 


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