lunedì 12 novembre 2012

Empatia portami via: Kurt Cobain e la gente.

Sopportare se stessi a volte è problematico. Se a questo aggiungiamo, a meno che non si viva in un eremo a Marotta Mondolfo, che ogni giorno dobbiamo confrontarci con "gli altri" e i "loro problemi e le loro esigenze", allora perdere la ragione è molto meno improbabile di quanto sembri. Soprattutto se si è empatici come me e il vecchio Kurt.
 
Essere empatici vuol dire riempirsi di emozioni e sensazioni a livelli molto pericolosi.
Vuol dire piangere ad ogni reality lacrimoso sulla solita Famiglia Povera, tendenzialmente con 6 figli, 5 con problemi gravi e con una casa che cade letteralmente a pezzi. A differenza dalle persone normali, noi empatici continuiamo a piangere anche ore dopo la fine del reality, a letto prima di dormire o a cena mentre si mangia l'arrosto, quell'arrosto che ha reso ingiustamente celiaca la quarta figlia della Famiglia Povera. E giù lacrime.
Vuol dire preoccuparsi 5 o 10 volte più del normale per l'esame clinico dell'Amica x o dei problemi di figa dell'Amico y.
Portare i sentimenti degli altri sul nostro groppone come se fossero i nostri. Sì, tendenzialmente un comportamento masochistico ma che interpreta perfettamente il "non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui" portato a livelli altissimi.
 
Questo non mi rende migliore di che tendenzialmente se ne frega, no. Questo mi rende più vulnerabile semmai. E, nel 90% dei casi, gli empatici son tali per imparare a gestire se stessi e le proprie emozioni, fregasega degli altri, che si arrangino loro e i loro problemi da High School americana.  Poi c'è chi esagera e sbrocca.
 
Se Kurt Cobain avesse visto uno di quei reality sulla classica Famiglia Povera, probabilmente avrebbe cominciato a dondolare impaurito in un angolo per giorni, dilaniato da un lato da un potente "CHISSENEFREGA" e dall'altro dall'incredibile sensibilità che lo pervadeva. Kurt Cobain ci provava ad essere empatico, ma era un po' come quella vignetta dei Peanuts dove Linus dice di non odiare l'umanità ma di non sopportare la gente. Kurt, la gente l'amava troppo  "C'è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile...!"scriveva nella sua lettera d'addio. Kurt era dilaniato dal difendere se stesso dall'emozioni altrui e dalle sue che ad un certo punto, forse, non riuscì più a provarne alcuna. E, sempre forse, si sparò.
 
 
 
Chiariamoci. Essere sposato a Courtney Love porterebbe alla saturazione anche Andrea Bocelli.
Chiariamoci. Strafarsi di roba e al tempo stesso sentirsi un sensibilone non ti porta certo a pensare di campare fino a cent'anni.
Chiariamoci. Kurt era fatto così. Era più facile spararsi in bocca che continuare a sentirsi una merda incapace di provare amore come fanno tutti gli altri. Come fanno tutti gli altri.
 
"[...]Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo troppo e mi rammarico troppo per la gente."
Certe persone sono più sensibili di altre. Queste persone amano illimitatamente il prossimo fino a che non ne vengono nauseate. E cominciano ad odiare.
 
Io, per inciso, amo essere empatica. Amo amarvi e cullare le vostre ansie.
Ma non sono un cestino dove gettare le vostre frustrazioni. O nemmeno un soldatino ai vostri ordini. O la vostra àncora di slavezza. Sono empatica al punto giusto.
Se per caso mi trovaste per terra a dondolare con gli occhi cerchiati da occhiaie viola, sappiate che può anche avermi chiamato mia madre 5 minuti prima e allora è normale.
No, non è facile essere empatici e tirare avanti in maniera semplice. Verrebbe quasi voglia di rinchiudersi nell'eremo a Marotta Mondolfo, che d'estate poi si sta bene e si va al mare con Fra Pleudonio. Ma a differenza di Kurt, io non ho milioni di fans, una moglie nevrastenica e droga. Per me è più facile essere ignorata.
 
La lezione di oggi è che al mondo esistono persone che hanno un cuore più grande degli altri, fatto di vetro sottilissimo. Di solito queste persone si accoppiano con individui dal cuore delle dimensioni una nocciola. Una nocciola di Kevlar.
 
"I miei testi sono un gran mucchio di contraddizioni. Sono spaccati esattamente a metà tra opinioni estremamente sincere e sentimenti che nutro e confutazioni sarcastiche e spero umoristiche di ideali stereotipati da bohèmien superati da anni. Insomma, è come se per le personalità di chi scrive canzoni non ci fossero due scelte possibili. O quella di visionari tristi e tragici come Morrisey, Michael Stipe o Robert Smith, oppure il ragazzino bianco sgraziato e un po' fuori di testa da "Ehi, facciamo festa e dimentichiamoci di tutto" tipo i Van Halen o tutta quell'altra merda di heavy metal. Quello che voglio dire è che provare passione ed essere sincero mi piace, ma mi piace anche divertirmi e fare il cretino."
Kurt Cobain

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