venerdì 22 febbraio 2013

La tragica somiglianza dei bellunesi

"Oh, Fede, è morto Tavasani, dovresti fargli un Ars come minimo!".
Venghino signori venghino, avete un necrologio da fare? Blocco dello scrittore causa telegramma di condoglianze? Ma venite da me che vi riempio di idee, dovrebbero assumermi in una di quelle aziende che fanno biglietti augurali per ogni evenienza (sì, tipo quella di "500 giorni insieme", film spettacolare sulle relazioni tra uomini e fighe-di-legno-che-non-vogliono-una-relazione-con-te-per-tipo-un-anno-e-poi-ti-lasciano-e-dopo-solo-due-mesi-si-sposano-con-un-altro).
Così eccomi qui, causa neve ed impraticabilità di ogni strada nemmanco fossimo in Kamcatka, a casa, davanti al computer con l'arduo compito di scrivere un bel coccodrillo per Tavasani.
Partiamo dall'inizio.
 
2011, grigia scrivania del glorioso Ufficio Stampa MotorShow. Ci siamo spostati tutti in fiera. La scrivania rimane grigia. Siamo in un ufficietto con le porte a vetri, davanti a noi passano loro, i giornalisti. Alcune vecchie cariatidi con la macchina fotografica al collo, ragazze bellissime che si rifanno il trucco mentre camminano su tacchi vertiginosi, cameramen stanchi e curvi. I giornalisti fanno la spola dalla Sala Stampa al bar, passando inesorabilmente davanti a noi.
Ogni tanto entrano impauriti, guardano la mia collega Chantal o la cara compagna di scrivania, Lilla, ignari, ma nemmeno tanto, di trovarsi di fronte a Cerbero: tre teste, sei stomaci, palle lunghe fino allo stand della Wolksvagen.
Tra di loro, composto, alto e allampanato, c'era Tavasani.
Tavasani era semplicemente Tavasani. Un giornalista di quelli da salvare. Uno di quelli che si accampavano in sala stampa ma almeno un paio di buoni articoli sul Motor Show li scriveva. Era l'essere mitologico che era riuscito ad accaparrarsi l'ultima shopper rossa che regalavano allo stand di Enel. Tavasani si presentava anche alle conferenze stampa, non aveva richieste assurde ed era, sì, era un... Giornalista Gentile.
Si è spento qualche giorno fa qui, nella sua adottiva Bologna.
A parte la passione per tutto ciò che fosse "aereo" (piste d'atterraggio, aerei, hostess e quant'altro lo rendevano felice, commentano i suoi colleghi de Il Resto del Carlino, testata per cui lavorava), di Tavasani mi ha colpito la foto. Sorridente ma non ridanciano, occhi piccoli ma espressivi, composto.
Poi leggo: "Nato a Belluno [...]dove il padre guidava il birrificio Pedavena". Un segno divino.
A parte amare la birra Pedavena quasi quanto la Ceres, Tavasani è legato a doppio nodo con tanti miei ricordi. Come quella volta in campeggio a Farra d'Alpago, vicino a Belluno, dove mi slogai la caviglia appoggiandola di merda sulle panche legnose e lisce del birrificio Pedavena. Bellissima vacanza. La ricordo tuttora con orrore e rabbia, un po' per l'infermità forzata provocata da una postura da ubriaca e un po' per la compagnia, che sdegnosa si rifiutava di credere al mio infortunio nostante la caviglia a forma di Hindenburg post incidente.
E poi, sì, più guardo la foto, più mi viene in mente il caro amico Denis.
 
 
 
(Anche il caro amico Denis era di Belluno, anzi, precisamente di Soverzene, un paesino idilliaco sopra il Vajont. Come Tavasani, Denis incarnava la fisicità craniale dei bellunesi: sorriso stretto, occhi acquosi, capello composto. No, lo sapete quanto me che il buon Denis non è deceduto, ma si è trasferito in Svizzera. E per certuni la sua partenza ha assunto i contorni di una vera e propria dipartita. Vedere la foto di Tavasani mi ha ricordato che in un certo senso, nemmeno Denis è più con "Noi".)
Leggere di tutti gli aperitivi e i brindisi che avevano coinvolto quel bontempone di Tavasani dagli anni sessanta fino al giorno della sua morte mi ricorda la vena tipica dei veneti, sempre inclini alla risata, alla presa in giro e alla malinconia del ricordo. Mi viene in mente Feltre, la fisionomia del veneto verde e prezioso, le scale mobili che ti portano a Belluno.
Ma drammatizzo i miei ricordi, perchè Tavasani era bolognese di adozione, lui a 8 anni se ne va da Belluno manina nella manina con papà e mamma e viene a vivere qui per i suoi restanti 63 anni.
Altro che Pedavena, altro che scale mobili o demenzialità soverzenese, qui siam sempre nella nostra, nella sua Bologna.
E allora addio Tavasani, mostra agli angeli la borsa rossa dell'Enel come il trofeo del tuo penultimo
Motor Show, quando i gadget erano fighi e le strappone sulle macchine erano più gnocche.
 
Lezione di oggi: non anneghiamo nei ricordi cercando perchè o percome. Se la foto di un uomo buono veneto ti fa venire in mente un altro uomo buono veneto, allora è tempo di riderci su e andare avanti. Bevendo Pedavena.
 

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