mercoledì 27 febbraio 2013

Brega vs Nicheli

Inutile che stiam qui a tergiversare: o si è Brega o si è Nicheli. E io, ahimé, l'ho capito tardivamente a 30 anni.
Sperando che dopo questo incipit siate lì ad arrovellarvi se sia meglio la romanità aggressiva e sboccata di un Brega salumiere o la milanesità composta e spocchiosa di un Nicheli imprenditore nel settore, guarda caso,  salumi & cotechini, io procedo alla rapida riflessione personale.
 
Trovo impagabile il fatto che mia madre ora sia a Roma per vedere, per l'ultima lacrimevole volta, papa Ratzinger in udienza generale. Lui che sfreccerà nella sua papamobile salutando i fedeli che urleranno robe tipo "Le vogliamo bene santitàààààààà" o "Preghi per noiiiiiiii" tipo Vasco a San Siro. E lì, annidata in mezzo ai fedeli intransigenti, con mezzo chilo di fondotinta e gioielli d'oro in bella vista su un golfino blu da suora laica, ecco mia madre, "la Santa", che mistica come santa Teresa D'Avila comincerà a piangere lacrime purificatrici per poi consolarsi a vino bianco e porchetta in un vicolo, cominciando a cantare stornelli romani imprecando e bestemmiando per il dolore ai diverticoli, vanificando il tour apostolico in meno di due minuti.
E così sì, da parte di madre, ho preso la vena cosiddetta "Brega": quando m'infervoro (e in questi giorni, con un clima politico rovente, le palle spianate dalla più totale e inerme disoccupazione e la gente che banalmente, scusate il francesismo, "nun si fa li cazzi sua" e mi tampina su ogni social network possibile ed immaginabile per indottrinarmi su nuovi Movimenti politici) mi esce la bile e comincio a chiamare tutti in strani modi: rapportandomi con un uomo X di nome Luca sarà difficile rivolgermi a lui non chiamandolo "A Lù". Di conseguenza Fabio diventa "A Fabiè", Francesca "A Francè" e così via, continuando le frasi con espressioni da cotica romanesca che mi contraddistinguono nei momenti difficili e rabbiosi della mia tenera vita.
 
 
 
Mario Brega era così, uno che "je menava", addirittura sul set di un film western "Buffalo Bill l'eroe del far west", atterrò con un gancio l'attore americano Gordon Scott, vincitore del Guanto d'Oro, ambizioso premio americano per pugili. Mario è morto nel 1994 stroncato da un infarto. Ettecredo. Stai a magnà, stai a bebe, stai a'mprecà aaLazio, è n'attimo.
 
 
 
E nel frattempo, sfruttando le vacanze romane di mia madre, mio padre scorazza per Bologna e provincia sulla sua Golf grigio metallizzata, orologio sul polsino, occhiali da sole graduati che lo rendono un po' cumenda un po' boss mafioso anni '80, alla ricerca di archivi inviolati, stemmi da fotografare e volumi polverosi da sfogliare. Non una roba da "Sole, whisky e sei in pole position", lo capisco, ma l'atteggiamento da piccolo imprenditore c'è. Un bel maglioncino celeste, calzini a rombi Burlington, 24 ore arancio che lo rende un po' il Lapo Elkann dell'archivio di stato. Impeccabile, audace, pilota stile "Alboreto is nothing".
La vena "Nicheli", quella che ti da la (finta) classe da medio imprenditore abbronzato anche il 27 febbraio, la sfodero solo quando sono tranquilla e paciosa, seduta davanti ad uno spritz a parlare con i miei amici. Allora esplode un trionfo di "Wè animaleeee", "Nooo, impossibol!": il segreto sta nel mischiare parole inglesi con altre italiane facendo costantemente la faccia sorpresa e felice. Non a caso il marchio Italia Indipendent di Lapo è un mix di italiano e inglese. I cumenda raramente sono incazzati, al massimo amareggiati, risentiti, ma sistemano sempre tutto a parole e soldi. Per questo motivo, in queste settimane, con i miei 4 euro e 40 sul conto corrente, è difficile che mi senta pulsare la vena Nicheli.
 
 
 
Guido Nicheli, "il cumenda" per eccellenza, ha recitato in molti film la stessa stolida parte da imprenditore milanese col Mercedes. Ma pochi sanno che fosse un amico di Dalì e anche un odontotecnico apprezzato. E anche lui è passato a miglior vita nel 2007 a causa di un ictus che lo ha portato via mentre giocava a carte con gli amici del paese. La chicca assoluta è che sulla sua lastra tombale campeggia la frase tipica del cumenda: "SEE YOU LATER"
 
Che voi siate un Brega o un Nicheli ricordate sempre che un "A 'nfamee" risolve più cose di un "Wè, calmino boy". A meno che non siate ormeggiati con lo yacht a Cannes. Allora, SEE YOU LATER.

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