lunedì 12 marzo 2012

Dammi tre parole: sole, cuore, muore.

E' arrivata inesorabilmente la primavera, palpitante di vita, colori e freschezza. Lo so, rende triste anche me.
Le passeggiate con mia madre procedono, gli argomenti non cambiano: urne, testamenti. E giuro che non sono io a cominciare i discorsi.
Mentre mi piazzavo su una panchina, al sole, pensavo al morto del giorno: l'imperatore Eliogabalo.
Tipino croccante il nostro Elio che visse nella prima metà del III° secolo dopo Cristo foraggiato dalle ambizioni della mamma Giulia Soemia e dalle cure assai poco ortodosse della potente nonna Giulia Mesa.


Le colpe di Elio furono tante, non saprei da dove cominciare: imporre ai romani il culto unico di El-Gabal, Deus Sol Invictus ("Dio Sole Invitto"), quando i romani sono suscettibili come gatti sul tema "A' Giove maggico primo tra gli ddei", non è stata una gran mossa da faina;  strani comportamenti sessuali che i senatori romani non capivano bene essendo retaggi orientali (prostituzione sacra, rapporti omosessuali, orge e castrazione. CASTRAZIONE, sì) e il farsi chiamare "La moglie di Ierocle", truccandosi come una sgualdrina sono solo alcune delle mosse poco vincenti di Eliogabalo. L'arrivo sulla scena del cugino Alessandro, di ben altra tempra, lo fece diventare sospettoso: il fatto che la nonna Giulia Mesa capisse che Elio avrebbe fatto meglio ad occuparsi dei suoi giochini sessual-religiosi invece di fare l'imperatore, fece sì che il caro cuginetto fosse associato al trono. A Elio venne un sospetto. E si sa, il sospetto uccide.
Così, disfunzionalmente e senza una ragione logica, Eliogabalo sparse in giro la voce che il cugino fosse morto. Si aspettava qualche reazione, poca roba, "sono l'imperatore, amano me mica lui". Invece i soldati romani piansero, si strapparono i capelli e, altrettanto disfunzionalmente, s'incazzarono. Nasando lo scherzetto, la guardia pretoriana intimò all'imperatore e a suo cugino Alessandro di presentarsi presso il loro accampamento. Alla vista di Alessandro vivo e vegeto, la guardia pretoriana festeggiò e lo acclamò. Elio si offese. Strepitando, ordinò che tutti coloro che acclamassero Alessandro fossero arrestati e uccisi. Ora, riflettiamo. Tu sei quello odiato, preso per il culo perchè ti trucchi e adeschi omaccioni biondi che girano in biga: come pretendi che i soldati della guardia pretoriana, che hanno appena acclamato tuo cugino, si autoarrestino e si facciano fuori? Eliogabalo e sua madre furono uccisi dai soldati e la faccenda si risolse così. Che brutta primavera.
La lezione è importante: se sei ambiguo e pretendi di cambiare le abitudini dei tuoi sottoposti puoi finire ammazzato. Non c'è Sole Invitto che tenga.

Ma mia madre mi riporta all'ordine e, mentre scendiamo dalla dolce collina che ci ha cullato al sole primaverile,  mi ricorda di un'altra morta eccellente: sua zia Ardea.
La cara zia Ardea è morta nel 2006 di quello che mia nonna e mia madre si ostinano a chiamare "vecchiaia". Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa: ictus, infarto, sifilide, morbo di Stepanzuger. Ma la zietta Ardea "ardeva" per davvero. O almeno ardevano i termosifoni a cui legò il marito, lo zio Bruno, perché, in un momento di pura follia, le era sembrato giusto. Non contenta chiamò le sorelle, a turno, pronunciando sempre la stessa frase: "Vieni ben qua che picchiamo Bruno!". Nessuna delle sorelle era così annoiata da andare da lei, una di loro, mia nonna, chiamò mia madre in lacrime per raccontarle cosa le aveva detto l'Ardea. Lacrime che si univano a quelle di mia madre: entrambe non riuscivano a smettere di ridere a crepapelle. E Bruno rimase lì per un po'. Per l'ilarità di tutti.

Bruno morì nel 2000, per fortuna non attacato ai termosifoni. Mia zia lo seguì sei anni dopo. Dicono si amassero un sacco.

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